Il nostro pensiero corre in questi giorni a quel famoso meeting trasmesso in streaming durante le consultazioni per la formazione del governo di Matteo Renzi, nella scorsa legislatura. All’epoca un Grillo effervescente, graffiante ed un po’ sprezzante non permetteva a Renzi nemmeno di iniziare una frase. Un incontro finito dopo poche battute, quasi insulti, che presagiva un seguito di polemiche puntualmente esplose negli ultimi anni tra Renzi ed i 5 Stelle.
Oggi, dopo che Grillo ha sonoramente bastonato le aspirazioni del suo prescelto Giuseppe Conte, ed ha ancora una volta dato prova di uno stile di leadership tanto personale quanto poco strategico, il pensiero torna a Matteo. Colui che sembra quasi aver coltivato una rivincita per anni e che dal basso del 2% di consensi e’ riuscito a tessere negli ultimi mesi un trama che ha portato alla caduta del Conte II e sembra stia portando anche alla totale deflagrazione dei Cinquestelle.
Uno vale uno si diceva in casa dei Grillini, eppure sembra che almeno uno, Grillo valga ancora per tutti. E’ amaro assistere a come un movimento che era asceso con la velocità di una meteora si stia semplicemente sfaldando dopo tre anni di incapacità di stare al governo. Un movimento che aveva fatto del giustizialismo uno dei suoi principali vessilli, ma che non e’ stato in grado di esprimere alcuna idea concreta riguardo alla modernizzazione ed allo sviluppo del paese. Basta citare l’esultanza calcistica sul balcone di Palazzo Chigi dopo l’introduzione del reddito di cittadinanza, idea giusta ma purtroppo naufragata nei meccanismi di attuazione pratica. Oppure si può ricordare la lista dei punti di programma realizzati, che Di Maio mostrava dopo alcuni mesi di di governo Giallo-Verde. Di Maio citava ad esempio di aver risolto in soli 3 mesi il problema dell’ILVA, deridendo i suoi predecessori al ministero. Ebbene, scappa da sorridere, se si guarda dove siamo con l’ILVA ancor ora. E cosi’ potremmo continuare.
E’ vero, per governare occorre competenza ed anche un pò sobrietà. I 5 Stelle, malgrado le buone idee, pagano caramente l’assenza di queste qualità e soprattutto la mancanza di un esperienza politica pluriennale.
Eppure la rivincita di Renzi, oltre ai 5 Stelle ha un altro perdente: Il PD di Letta. Un partito abbastanza deludente nell’indirizzare i temi concreti del paese. Letta che aveva investito molto su un alleanza di stabilita’ con il Movimento si trova ora ad avere un partner senza chiara guida, instabile, che tende a sgretolarsi and ogni discussione interna. Forse Letta non era ‘sereno’ ai tempi di Renzi, ma non dovrebbe esser sereno neanche ora, se si pensa all’ impatto politico di questa situazione sulle candidature comuni in alcune importanti città italiane.
Ed infine occorre pero’ pensare anche a Matteo. Con lungimiranza ed abilita’ strategica ha lanciato una sfida a Conte che ha portato quasi ad abbattere la coesione interna del Movimento. Ma la sua e’ una vittoria di Pirro. In un momento in cui i suoi principali antagonisti soffrono, forse sarebbe stato meglio gestire il PD dall’interno e non esser condannato ad agire nell’isolamento di un partito ancorato ad un trascurabile 2%.