Due giorni di riunioni per fare il punto sui progressi delle campagne vaccinali. Sullo stato di avanzamento dei Piani nazionali per la ripresa e la resilienza e sui diritti civili. L’Italia impone all’ordine del giorno il tema dei migranti.
Come ha ricordato in Parlamento il premier Draghi, tra i Paesi dell’Unione, esiste “un’ampia convergenza” sull’esigenza di superare il Regolamento di Dublino concepito in una fase storica diversa da quella attuale e si è mostrato positivo rispetto al riconoscimento delle rotte migratorie come parte integrante dell’azione esterna dell’Unione europea. Ma al momento il tema sembra ancora essere fortemente divisivo tanto che ad alzare i toni ci ha pensato il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, in conferenza stampa a Bruxelles: “Non è accettabile moralmente che le questioni dell’immigrazione e dell’asilo siano legate alle vicende elettorali dei singoli membri né possiamo continuare a non avere una politica europea” sui ricollocamenti. Quando avviene uno sbarco, succede che “la Commissione telefona” e chiede “chi può prenderne 50, chi può prendere i minori può essere affidata” la gestione di un fenomeno come “la migrazione ad un meccanismo così volontario? È un po’ scandaloso”.
Il Consiglio dovrà affrontare anche il delicato tema delle relazioni con Turchia, Libia, Russia, Bielorussia, Sahel ed Etiopia. In particolare è prevista, sul finale della prima giornata, la ripresa della discussione sulle relazioni con Ankara per la riapertura di un dialogo costruttivo, dopo il deterioramento delle relazioni e le tensioni nel Mediterraneo orientale dei mesi scorsi. Secondo una nota di Palazzo Chigi, “i leader intendono riconfermare la disponibilità dell’Unione europea a cooperare in alcune aree di interesse comune, come la lotta ai cambiamenti climatici, la salute pubblica o la lotta al terrorismo, ma ribadiranno la preoccupazione per il rispetto dei diritti fondamentali in Turchia, come i diritti delle donne, i diritti civili e i diritti umani”.
In agenda sembrerebbe essere entrata di fatto anche la questione che ha visto scontrarsi sui giornali di questi ultimi giorni l’Ungheria e il suo premier Viktor Orbàn con l’Unione Europea, in particolare con la Germania. 16 capi di stato di Stato e di governo, Draghi compreso, hanno, infatti, firmato un testo per ribadire il sostegno alle “diversità e l’uguaglianza Lgbti”. Non c’è riferimento diretto alla legge omofoba ungherese, già attaccata pubblicamente dalla stessa Von der Leyen destinataria della missiva, ma la presa di distanza da Orbàn appare evidente.