Il lockdown ci ha insegnato che se tutti stiamo fermi, se tutto si arresta intorno noi, anche il tempo – la forza più incontrollabile – può incredibilmente fermarsi. La poetessa Marina Cvetaeva nella sua esistenza ha condizionato il suo sguardo, il suo punto di vista sul tempo: come su di una sorta di divinità terrorizzante; aveva scritto: “Corre sempre, corre solo perché corre, corre per correre” ma secondo lei “non corre in nessun posto”. Secondo la Cvetaeva “il tempo esiste per l’uomo e l’uomo non per il tempo”, che non sembra nato per vivere ai ritmi temporali ma non può esimersi dal farlo: è un obbligo, un legame forzato che sempre fallisce.
LA STORIA DEL TEMPO E DEL SUO AMORE PERDUTO
Eppure quando ci prendiamo una sosta da questo legame irrisolto e vorticoso con il tempo, riscopriamo noi stessi: come fosse una pausa da un rapporto d’amore. In realtà è solo una menzogna che si raccontano i due amanti: l’una è stanca dell’altro – che corre indefesso, proprio come il tempo – e dunque se ne allontana; l’altro allora in difesa d’un orgoglio maniacale, non accetta né le concede questa pausa, poiché nessuno gli si può sottrarre: nessuno può permettersi di sottrarsi al tempo che passa inclemente.
Così il Tempo la stuzzica, la cerca, la supplica – ma lei non può, non vuole ritornare a quelle assurde regole illogiche ed implacabili: ha bisogno di fermarsi, almeno un momento. “E quanto può durare un momento?” Quando lei finalmente dopo averlo lasciato ritorna, egli è troppo ferito: “Come hai osato? Ero io a non volerti più, a non volere che seguissi il mio tracciato!” le tuona contro.
L’INVIDIA DEL TEMPO-SOVRANO
Lei l’ha sempre saputo: il Tempo la invidia – lui che è tempo, di tempo non ne ha: egli più di ogni altro non può esimersi dalle regole di cui è per primo vittima. Le ha stabilite da sé e per sé, eppure ne è intrappolato. Odia chi è capace di farne a meno: chi di lui non ha bisogno, perché lei sceglie da sé le sue regole. Egli la invidia sempre di più: lei è più lucida, non aderisce ai suoi dogmi, viola le leggi forzate ch’egli – il Tempo sovrano – le ha imposto. Non permette neanche al Tempo di rubarle la purezza e resta fedele ai principi affermati dal suo valore, alla sua etica. Il Tempo non ne ha: non ha logica né etica.
Ne invidia da sempre la morale, le attitudini, le capacità. Vuole cibarsene, togliendole dagli occhi la giovinezza, disegnarle sul volto le rughe, renderne duri i lineamenti, adombrarle lo spirito, rubarle l’entusiasmo puerile ed offuscarle il genio – servendosi di quei suoi ritmi frenetici che non lasciano tregua.
Non ci riesce e ciò lo tormenta: finge di non cogliere questa sconfitta – ma perdere una vittima delle sue viete lusinghe lo ha ferito profondamente – per quanto profondo possa mai essere il vuoto che lo riempie, nei secoli dei secoli. E benché preferisca far marcire una mela florida e bellissima, si accontenta di abitare quelle già marce, per ricaricare la sua energia di tronfio sovrano.
LA SOSTA NECESSARIA DEL PENSIERO FORTE
Del testoanche Tornatore diceva con Ben Gazzarra nel film Il camorrista: “Agg’ pensat’” (Ho pensato) – perché in carcere, il tempo non c’era più e gli era concesso di fermarsi, di pensare, di riflettere come mai sarebbe stato possibile altrimenti. Se tutto è possibile allora, anche ignorare il tempo lo è: non certo per mezzo di un patto col demonio – ma grazie al pensiero forte che vive in ciascuno di noi: che ci permette di mantenere invariato lo spirito, inalterata la giovinezza negli occhi, la passione per cui ci rendiamo immortali.
Per chi scrive e rende l’anima eterna nella sua scrittura, per chi si scolpisce nella sua arte, per chi soffre e – come affermava Dostoevskij – “anche i poveri di spirito diventano più intelligenti dopo un grande dolore”. E che le pause rivelatrici, tutte, siano benedette.