Intervista al prof. Gianni Profita, Rettore della rivoluzionaria Università
I miracoli possono manifestarsi sotto varie forme e quando sono gli esseri umani, con generosità e dedizione, a renderli possibili assumono un valore ancora più grande e meritano di essere raccontati. È il caso dell’università UniCamillus, un Ateneo alla cui base c’è un progetto speciale, quello di formare medici da e per il Sud del mondo. Ce lo fa conoscere il suo Rettore, il professor Gianni Profita.
Cosa ha di speciale il suo ateneo?
Dopo anni di presenza sui territori poveri del mondo, ci siamo accorti che quello che spesso mancava era il personale medico. Magari erano presenti strutture ospedaliere – e in questo l’Italia ha dei veri primati umanitari – o giacenze di farmaci, ma non c’era il personale idoneo a distribuirli. Da qui l’idea di un Ateneo che formi medici e infermieri, con una preparazione specifica verso le malattie più frequenti nei paesi più disagiati come la malaria, l’HIV o la dengue. In altre parole, formare qui le persone che poi saranno in grado di operare nei luoghi di origine.
Ma come possono i vostri studenti affrontare le spese se provengono dalla povertà?
Per prima cosa abbiamo mutuato la formula anglosassone del prestito d’onore ma con una “variante” tutta UniCamillus. Se al termine degli studi lo studente tornerà nel proprio paese, rimanendoci per almeno tre anni, il debito sottoscritto al momento dell’iscrizione sarà considerato completamente estinto.
Mi faccia capire bene professore, se lo studente tornerà a fare il medico in Africa o in America latina o in qualsiasi altro luogo che voi riconoscete appartenere al Sud del mondo, non pagherà nulla per i suoi studi?
Esattamente. È l’unico vero modo per aiutare lo sviluppo locale. Pagherà, con calma, solo se deciderà di restare a lavorare in un paese avanzato nella speranza di migliorare la qualità della propria vita, ambizione che è giusto riconoscere a qualsiasi essere umano. Lo abbiamo fatto anche noi italiani nel passato.
E con quali fondi si sostiene il progetto?
Nessun finanziamento pubblico ma solo la generosità del mondo. Dietro a UniCamillus c’è la Fondazione Progetto Salute, che attraverso il fundraising riesce a coprire tutti i costi. La generosità è tanta e ovunque, basta solo indirizzarla.
E ci sono studenti che non vengono da paesi in via di sviluppo?
Certamente, in questo momento rappresentano ancora la maggioranza degli iscritti. Vengono dal Giappone, Israele, Emirati Arabi per fare solo degli esempi, oltre, naturalmente, dall’Italia. Sono giovani che sposano il nostro progetto con l’intenzione di dedicare, se non tutta, almeno una parte della loro futura vita professionale alle popolazioni che ne hanno più bisogno.
Appartenete a un ordine religioso?
Assolutamente no. I nostri studenti sono cattolici, buddisti, shintoisti, musulmani, ebrei, addirittura animisti. Anche se ci siamo ispirati a un grande uomo, San Camillo de Lellis, il primo a rendere umana e democratica la sanità.