Nella condizione, già di per sé non esaltante, della politica nostrana sta emergendo un fenomeno prima quasi sconosciuto: la renitenza di personaggi di rilevante prestigio ad accettare candidature alla carica di sindaco.
Il fenomeno riguarda soprattutto i comuni più grandi, ma in forme diverse e più attenuate coinvolge anche quelli di minori, soprattutto quelli che hanno un ruolo di riferimento per determinati territori o caratterizzati da economie di spessore.
La spiegazione di questo fenomeno che vede ancora in forse, in molti casi, indicazioni ormai necessarie sta probabilmente nella caduta di credibilità del sistema più evidente dopo la scomparsa dei grandi partiti organizzati con forti radici ideali, comunque capaci di leggere e interpretare i bisogni della società e la loro trasformazione in puri e semplici comitati elettorali, dove la militanza, quando ancora sopravvive, è costretta ad avallare, se non a subire, decisioni e scelte di un ristretto sinedrio di boiardi.
DECLINO DELLA PARTECIPAZIONE
Questo declino o travisamento della funzione anche culturale, pedagogica e selettiva della politica, della quale è eloquente testimonianza il sistema delle liste bloccate per il Parlamento e il vezzo di decidere fra pochi potenti candidature e nomine fino ai livelli locali, ha avuto come conseguenza l’allontanamento dai partiti non solo di ceti intellettuali o della borghesia produttiva, ma anche di quei cittadini in potenza appassionati alla vita delle autonomie locali e ai destini più generali del Paese.
IL RISCHIO GIUDIZIARIO
Un altro motivo, non secondario, della resistenza ad accettare le candidature degli enti locali sta nel rischio, tutt’altro che minore, di diventare soggetti di iniziative giudiziarie per ipotesi di reato che spesso si vaporizzano nelle fasi di giudizio, ma lasciano un’ombra che pesa nelle valutazioni dell’opinione pubblica che è stata orientata dai media a vedere nel ceto politico una casta da annullare.
A conti fatti, fare il sindaco comporta spesso il ridimensionamento delle proprie attività non bilanciato da un’indennità adeguata e l’incubo a doversi muovere in una foresta di norme, di codicilli e di cavilli, senza alcuna garanzia.
Lo testimoniano anche le recenti difficoltà che incontra il Governo per corrispondere alla richiesta europea di modificare il codice degli appalti che di fatto ha bloccato la realizzazione di tante opere pubbliche.