Accade raramente di poter ascoltare la voce del coraggio. Il Comandante Marcello Quaglia è stato il pilota di Arafat dal 1988 al 1993. Sua figlia Lucilla ha trasformato gli appunti personali di suo padre in un’avvincente memoriale in concorso per l’edizione 2021 del Premio IusArteLibri. La storia con la S maiuscola di voli segretissimi e pericolosi, di incontri con personalità politiche e scontri per il Nobel per la Pace, si intreccia con la quotidianità del Passeggero e l’umanità del suo Pilota, entrambi pronti a sfidare la paura e la morte pur di adempiere al proprio dovere.
Come ha scoperto che sua padre era il pilota di Arafat?
L’ho appreso dai telegiornali e la notizia mi ha molto stupita. Sapevo che i suoi passeggeri non erano persone comuni, ma nulla era mai trapelato, per ragioni di sicurezza, sulla identità di Arafat. La divulgazione della notizia avrebbe messo in pericolo tutta la famiglia.
Ed Arafat come selezionò il Comandante Quaglia?
Con orgoglio mi piace dire che mio padre fu l’unico pilota italiano fra i tanti candidati. Oltre che per la sua competenza, Arafat fu colpito dal fatto che aveva lavorato in Centro Africa per conto del Ministero degli Esteri.
Chi si ferma al titolo può pensare che si tratti di un libro su Arafat, mentre invece il suo è un omaggio alla famiglia. Cosa l’ha spinta a raccontare questa storia?
In effetti molti cadono in errore sulla natura del libro. Scorrendo le pagine si capisce che non vi è alcun intento politico né alcuna apologia del leader, che viene tratteggiato per come lo ha visto e lo ricorda mio padre. Le sue sensazioni o le piccole confidenze ricevute, come la passione di Arafat per Tommy e Gerry, hanno consentito a me ed a mia madre, che è stata fondamentale nella stesura del libro, di riprenderci il tempo che mio padre ci aveva sottratto.
E’ stato difficile mantenere la giusta distanza dalla figura di Arafat e dal suo ruolo di figlia?
Il mestiere di giornalista ti allena alla distanza dalla narrazione e dai sentimentalismi. Raccontare in terza persona è un buon escamotage. Il pilota non è mai mio padre, nel libro, ma il Comandante Quaglia. Ed anche Arafat non è il leader di cui tutti hanno scritto o scriveranno, ma è il passeggero di mio padre. Forse anche per tale ragione decisi di non intervistare Arafat.
Rimpianto?
No. Ancora oggi mio padre ed io discutiamo al riguardo. Secondo lui avrei dovuto prendere al volo quell’occasione di dare la notizia sulla firma per i trattati di pace. Io invece penso di aver fatto la scelta giusta. Ero ancora acerba come giornalista. Forse quell’intervista mi avrebbe impedito di scrivere questo libro. Ed io sono felice di averlo scritto. Ogni presentazione è emozionante sia per me sia per il Comandante.