A prescindere da ogni considerazione tecnica sulla possibile nascita di un Conte bis è necessario prima di tutto valutare il carattere e la personalità dei leader dei due partiti. Da un lato un Zingaretti che si ritrova segretario del Partito democratico per esclusione e non per acclamazione. Voglio dire che è stato eletto perché non c’era nessuno che si sentiva di traghettare un partito sulle macerie di una zattera che presenta troppe falle e una diversità ideale di naufraghi che sarebbe impossibile salvare tutti.
Dall’altra un leader come Luigi Di Maio che non ha avuto modo di metabolizzare l’arte della politica e neppure il significato di un partito di governo e della sofferenza che da quella posizione deriva. L’Onorevole Di Maio, nel marzo 2018, si è ritrovato con un carrello del supermercato pieno di voti ma non aveva, e non ha ancora, i soldi per andare alla cassa e pagare.
Non ha capito Di Maio che la spesa si paga personalmente, e che se si vuole mangiare insieme, metaforicamente parlando naturalmente, è necessario che si trovino pietanze che possano piacere a tutti i commensali. Nessuno può porre e imporre a un vegetariano di mangiare carne o ad un vegano di mangiare alla mediterranea.
Quindi? Quindi l’apparecchiatura del tavolo giallorosso non si farà. Inutili saranno gli sforzi dei due aspiranti, anche se la fame è tanta, diciamo così per restare nella metafora, ma ci sono culture inconciliabili. La politica è un’arte che non appartiene ai molti. La politica è un’attitudine che solo pochi uomini sanno coltivare e gestire. Il pensiero politico deriva da una sofferenza interiore sincera e non negoziabile ovvero negoziabile solo con il principio machiavellico del fine che può giustificare i mezzi.
Dovrebbero comprendere, tutti i partiti attuali, che occorre parlare, oggi, di Italeuropa. Non si può isolare l’Italia dall’Europa e non si può neppure rinunciare ai valori nazionali. La visione deve andare al di sopra di ogni campanilismo e occorre dedicarsi ad uno studio approfondito del verso che sta prendendo questo nostro Universo. L’economia politica deve rinnovare i suoi paradigmi e rivedere le regole dei mercati.
Domanda e offerta non funzionano più con gli stessi principi. Le curve della produzione e del consumo non producono più gli stessi grafici. La velocità con la quale la complessità politico economica ha aggredito i partiti politici italiani li ha disorientati e non gli ha dato il tempo di capire, anche perché di studiare i fenomeni mondiali, i politici italiani non ne hanno voglia e, talvolta, neppure la capacità; conseguentemente si ritrovano a dialogare con un frasario di quarant’anni fa.
Ruoli, posizioni e assetti senza idee innovative non daranno a nessuno, ma proprio a nessuno, la possibilità di governare una nazione come l’Italeuropa. Il professor Giuseppe Conte, che pure è frutto di una cultura italiana accademica ancora valida e stimata, non può regredire e prestarsi ai dialoghi di una politica basata su vecchi criteri di potere. Dovrebbe aprire, in questo momento, a tutte le forze democratiche ed invitarle a portare idee e valori rifondanti.