“Siamo come tanti granelli di sabbia, tutti diversi e unici ma che insieme possono formare una spiaggia bellissima, una vera opera d’arte”. Ha aperto così Papa Francesco la serie di video-messaggi di sensibilizzazione in previsione della 107ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2021. Il Santo Padre guarda oltre la pandemia, nella speranza che l’emergenza lasci qualche insegnamento: «Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica”.
DALLA PANDEMIA CI SI SALVA SOLO TUTTI INSIEME
L’emergenza pandemica ci sta chiaramente indicando la via della “salvezza globale”, se non ci vaccina tutti, anche i paesi più in difficoltà, non saremo mai al sicuro. Forse alla fine non ci saranno più “gli altri”, ma solo un “noi”, si augura il Pontefice. Il concetto della diversità è già nella storia della nostra genesi. Siamo, infatti, stati creati uomo e donna, destinati a formare insieme nuove generazioni. Anche la storia raccontata nelle sacre scritture è un grande narrazione di popoli più che di singoli individui. “La storia della salvezza vede dunque un noi all’inizio e un noi alla fine, perché tutti siano una sola cosa”, ricorda papa Bergoglio.
SIAMO TUTTI NELLA STESSA BARCA
Il tempo presente, però, mostra un noi ancora “rotto e frammentato, ferito e sfigurato”, specialmente nei momenti di crisi, come quello attuale. “I nazionalismi chiusi e aggressivi – aveva già scritto in Fratelli tutti – e l’individualismo radicale sgretolano il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa”. Come sempre, il prezzo più alto lo pagano gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali. In realtà, siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano. È necessario camminare insieme, un richiamo rivolto prima di tutto ai fedeli cattolici e poi a tutti gli uomini e le donne del mondo.
UN MONDO SEMPRE PIU’ INCLUSIVO
Occorre ricomporre la famiglia umana, assicurandoci che nessuno rimanga escluso. Il futuro delle nostre società è un futuro “a colori”, arricchito dalla diversitàe dalle relazioni interculturali. Per questo dobbiamo imparare oggi a vivere insieme. Il sogno della integrazione ha radici antiche e papa Francesco le evoca ricordando il racconto del giorno del “battesimo” della Chiesa a Pentecoste: “Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”. È l’ideale della nuova Gerusalemme, dove tutti i popoli si ritrovano uniti, ma per raggiungerla occorre costruire ponti che favoriscano la cultura dell’incontro, consapevoli dell’intima interconnessione che esiste tra noi.