È una crisi che presenta aspetti sconcertanti quasi schizofrenici, che specialmente nei passaggi delle ultime 24 ore, è passata dall’ottimismo di ieri sera alla constatazione, più tardi, dell’assenza di qualunque accordo il M5s e il Pd, fino alla doccia fredda di oggi, con l’annullamento da parte dei pentastellati, dell’incontro con i Dem previsto per stamane.
In tanta confusione che è difficile orientarsi per un osservatore, diventa stancante e straniante per qualunque cittadino che avesse ancora voglia di seguire le cronache dei media: il che spiega, più di tante parole, perché cresca la disaffezione nei confronti di una politica complicata come una arabesco, ma percepita come una questione prima che di programmi, di potere.
Per riassumere la situazione, che potrebbe cambiare in meglio o in peggio nelle prossime ore, il M5s accusa il PD di non avere ancora compiuto una scelta definitiva ed ufficiale per la riconferma di Conte. Che così appare preliminare condizionante su qualunque approfondimento del programma, sul quale permangono, per quello che se ne sa, divergenze di sostanza fra due supposti possibili alleati. L’ulteriore sviluppo della situazione esaspera, anziché agevolare la condizione che appare necessaria: quella di una unità sostanziale all’interno sia dei Dem, sia dei pentastellati.
Così, nel Pd c’è un’area ostile ad una remissività eccessiva – lo testimonia una dichiarazione di Calenda- nei confronti delle richieste, che sembrano esose, dei 5s, ma anche in questi ultimi ci sono ostilità e distinguo su un’alleanza con quello “il Pd” che era il nemico per eccellenza, l’ultimo presidio per i critici dei poteri forti.
Le prossime ore dovrebbero comunque sciogliere in un modo o nell’altro i nodi che si sono aggrovigliati che si frappongono all’intesa. Dovrà infatti, tenuto conto che al massimo domani, ma informalmente già da stasera il Capo dello Stato dovrà disporre gli elementi di giudizio certi e non equivoci.