Chi non ricorda il film “Il medico della mutua”? Era il 1968, in piena contestazione studentesca, e l’opera di Luigi Zampa metteva in risalto, in modo volutamente parossistico, un aspetto della società consumistica dell’epoca.
Lo spregiudicato e cinico personaggio interpretato da Alberto Sordi decideva di monetizzare, nella maniera più lucrosa possibile, la propria laurea in medicina, puntando tutto sul popolo di mutuati da sfruttare per far cassa e carriera. Alla faccia del giuramento di Ippocrate. Sono passati più di cinquant’anni da quel capolavoro della cinematografia e, nell’era della globalizzazione e della rete, il popolo italiano, rivedendolo in qualche replica dei palinsesti estivi, si ritrova, paradossalmente, a ricordare con nostalgia quei tempi.
Già, perché ciò che rappresentava il medico della mutua, nell’Italia post bellica, era la certezza di possedere un diritto alla propria salute garantito dallo Stato, al di là delle proprie possibilità economiche. Un diritto che, nei tanto osannati Stati Uniti d’America, ancora oggi è un privilegio di una piccola fetta di cittadini.
Le recenti affermazioni di un alto esponente del dimissionario Governo giallo-verde, per il quale il presunto calo dei medici di base è un sintomo del mondo virtuale in cui attualmente viviamo e perciò trascurabile, non sono da stigmatizzare in quanto a veridicità o meno dei fatti, quanto alla pretesa assunzione dell’idea che il mondo virtuale possa sostituirsi a quello reale.
Il processo di deculturizzazione delle nostre menti, iniziato con i programmi televisivi fautori di personaggi dal successo consumato in poco tempo, continuato con l’idea che studio e grammatica possano essere sostituite da una comoda ricerca su enciclopedie in rete, sta ora toccando il terreno ancora incolto della salute. Il che lascia presagire un futuro distopico dove possibili ciarlatani improvvisati del web soppianteranno medicina e medici.
Eppure le stime parlano in modo diverso: secondo i dati Istat, il 74% delle persone da 15 anni in poi ricorre al medico di famiglia almeno una volta l’anno, a differenza del 54% che invece, nella stessa fascia di età, si rivolge allo specialista. Ma tant’è. L’opera divulgatrice del virtuale non tiene conto di stime o dati ufficiali.
Continua nella sua opera di conversione del popolo, nel tentativo, finora riuscito, di amalgamare le masse in una unica corrente di pensiero dove studio, professionalità, sudore e competenza non debbano trovare spazio. Cosa dire in conclusione? Aspettiamoci un remake de “Il medico della mutua” con un moderno Alberto Sordi, medico virtuale che imprigiona le sue vittime nella rete del mondo del web.