“Da quattordici anni sono un uomo di Protezione civile, ho girato l’Italia in lungo e in largo e ho capito che ogni Provincia è unica: ha una sua economia, una sua sofferenza, un suo bisogno. Non credo che quando riavremo le bocce ferme, la fine della pandemia, torneremo a una sanità centralizzata, uno Stato che fa tutto”. Lo afferma in un’intervista al quotidiano La Repubblica Fabrizio Curcio, capo Dipartimento della Protezione Civile.
“Dobbiamo invertire la prospettiva. Non c’è uno Stato centrale e poi De Luca – aggiunge -. C’è uno Stato fatto dal governo romano e dalle Regioni, dalle province e dalle microautonomie. Sono loro a conoscere il territorio, noi abbiamo l’onere di tenere un filo comune, usare un linguaggio valido per tutti. Quando vado nei territori, i presidenti mi parlano, non ringhiano. E da qui, via Ulpiano a Roma, provo a far dialogare la Protezione civile regionale con la sanità regionale. Cerchiamo le soluzioni migliori e alla fine, certo, vanno rispettate da tutti”.
Quanto ai vaccini, Curcio sottolinea: “Abbiamo consegnato 15,5 milioni di vaccini e 13 milioni sono stati somministrati. Il 16 per cento di dosi avanzate, soprattutto scorte per la seconda inoculazione, è una percentuale fisiologica”.
“Dobbiamo salvare vite, mettere in sicurezza gli anziani e i fragili. Come si può convivere con 358 morti al giorno? Si è diffuso un cinismo della tabella, la conta quotidiana ci fa perdere il senso delle tragedie. Quando avremo messo in sicurezza gli over 80, gli over 70 e anche gli over 60 potremo ragionare su un piano vaccinazioni piu’ flessibile, uscire dalla rigidita’ anagrafica”, prosegue.