Da quando la Liguria ha inaugurato la possibilità di somministrare il vaccino anti Covid-19 presso poco più di 50 farmacie territoriali lo scorso 30 marzo, è montato subito l’entusiasmo di chi – a torto o a ragione – ha visto in questa soluzione la panacea per aumentare considerevolmente il numero degli immunizzati in tutta Italia. Poche però sono state le riflessioni sulla capacità logistica ed organizzativa necessaria per tale tipologia di richiesta. La Discussione ne ha parlato con l’Ing. Andrea Trenta, vicepresidente della Commissione tecnica di Ingegneria del software e componente della Commissione Tecnologie abilitanti per Industry 4.0 di UNI, oltre che collaboratore di diversi enti di standardizzazione internazionali e le Università Sapienza di Roma e Politecnico di Torino.
I media trattano spesso il tema della possibilità di vaccinare nelle farmacie e da parte degli studi medici previsto dal piano vaccinale, cosa c’è dietro?
C’è una enorme complessità. Apparentemente sembra un uovo di Colombo: aumento medici e infermieri disposti a somministrare le dosi, aumento i vaccini per punto vaccinale e aumento i punti vaccinali rendendoli più capillari sul territorio, raggiungendo in tal modo l’obiettivo di superare i 500.000 vaccinati al giorno. Purtroppo non è così semplice. Pensiamo solo all’aspetto di gestione delle scorte che è piuttosto noto nella letteratura dell’economia e dell’ingegneria della logistica: nel caso più semplice un punto vendita di un certo prodotto con annesso magazzino si preoccuperà di ordinare un nuovo lotto di prodotto quando sta per finirlo (grafico prodotti-tempo a “dente di sega”), ad esempio quando è rimasto con l’1.5% delle quantità; questa percentuale è scelta dal negozio in base alle vendite giornaliere e al tempo di approvvigionamento, perché il negoziante non vuole né rimanere senza prodotto da vendere per uno o più giorni, né tantomeno avere scorte in eccesso che non sa se venderà.
L’ideale per entrambi i punti è avere un tempo di approvvigionamento nullo o quasi, con forniture multiple giornaliere: è quello che compresero dal Giappone le industrie automobilistiche europee negli anni ’90 e noto come “just in time”, e praticato con colonne di camion che scaricano tutti i giorni componenti negli stabilimenti dove si assemblano e verniciano i veicoli. È il motivo per cui se chiediamo ad un concessionario un’auto nuova con un colore diverso da quello per il quale si hanno più scorte in magazzino (qualche anno fa era il grigio, ora è il bianco…), ci fanno attendere di più: un veicolo giallo o arancio non è sicuramente in scorta e la verniciatura inizierà solo a valle dell’ordine.
Quindi la soluzione di vaccinare in farmacia non è in realtà così semplice come si legge sui giornali?
Il meccanismo è lo stesso se consideriamo il vaccino alla stregua del prodotto che il nostro negoziante vuole vendere. La complessità aumenta se moltiplichiamo i magazzini e i negozi. Abbiamo diverse possibilità di gestione: ad esempio ogni magazzino può scambiare scorte con altri (è quello che fanno gli ospedali per farmaci e organi da trapiantare) oppure lo fanno solo alcuni magazzini o in certe situazioni, oppure ancora ognuno si tiene le proprie. Non conosciamo il piano fino a questo livello di dettaglio ma è verosimile che le farmacie utilizzate come punto vaccinale non abbiano scorte o comunque non scambino le proprie scorte con altri punti vaccinali, mentre lo facciano se necessario gli ospedali oltre ovviamente all’hub di Pratica di Mare. Viene in grande aiuto il sistema di prenotazione vaccinale, che è stato attivato ad esempio nella regione Lazio: in questo modo, la somministrazione del vaccino ha numeri certi (o quasi, se trascuriamo le defezioni o altri imprevisti) e vengono ordinate solo le dosi prenotate, la scorta eventuale servirà solo per coprire il tempo che intercorre tra una fornitura e un’altra e non per gestire afflussi imprevisti di persone che chiedono il vaccino. Viceversa, nel caso non siano disponibili da parte delle case farmaceutiche le dosi ordinate e le scorte siano finite, non si avviano o si sospendono le prenotazioni per le classi di età non ancora vaccinate; in questo caso, come sta accadendo in questi giorni, anche la capillarizzazione dei punti vaccinali (es. farmacie) viene rinviata nel tempo.
Cosa altro si utilizza per raggiungere gli obiettivi del piano vaccinale?
Oltre ad una efficace infrastruttura fisica di trasporti, fatta di migliaia di veicoli e percorsi, tutto funziona se c’è un sistema informatico che permetta di far dialogare tutti e che non va considerato scontato, perché questa è la prima esperienza di questo tipo e, dalle farmacie agli ospedali, dalla Nuvola di Fuksas all’Auditorium per rimanere a Roma, vanno registrati: medici, pazienti, vaccini, aggregati giornalieri, ecc. Una volta raggiunta l’integrazione informatica a livello di singola regione, va poi raggiunta l’integrazione a livello nazionale: un esempio delle diversità regionale, altra notizia di questi giorni, è che solo la Regione Lombardia sta utilizzando soluzioni informatiche di Poste per il sito delle prenotazioni.
Interessanti per rimanere al tema affrontato delle scorte, qui intese come quantità disponibili non erogate, sono gli Open Data messi a disposizione dalla struttura commissariale per l’emergenza Covid-19 che forniscono alcune informazioni sul processo complessivo; si può notare che per i vaccini di più recente introduzione, Moderna e Astra Zeneca, sono presenti alla data in cui scriviamo significative scorte, mentre sul Pfizer Biontech l’erogazione coincide praticamente con quanto è stato fornito dalla casa farmaceutica. Un caso particolare è stato quello del vaccino Astra-Zeneca, in cui lo stop temporaneo ha causato un aumento delle scorte.