C’è una grande assente nel dibattito politico: la questione demografica.
Da almeno due decenni l’Istat e numerosi centri di ricerca segnalano con allarme il declino della natalità e gli squilibri economico-sociali che questo fenomeno comporta. Ma nessuno dei governi che si sono avvicendati ha mai posto all’ordine del giorno una strategia per contrastare questa tendenza e correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Eppure l’insieme delle tendenze demografiche e della crisi da epidemia avranno una forte incidenza sul potenziale di crescita economica italiana nel prossimo futuro.
Il calo delle nascite che caratterizza il nostro Paese da una decina di anni, oggi si incrocia con il numero di elevato di decessi causati dal Covid-19, creando un deficit di “sostituzione naturale” tra nati e morti, chiamato in statistica saldo naturale, allarmante. Un’altra conseguenza della pandemia fino adesso poco considerata. Secondo l’ultimo rapporto Istat, il saldo naturale nel 2020 registra -342 mila unità, cifra di poco inferiore a quella raggiunta, dall’unità di Italia, solo all’epoca della spagnola del 1918. Se a questo si aggiungono il calo di matrimoni e dei flussi migratori non sembra che si possa prevedere un cambio di passo in un futuro tanto prossimo.
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLA PERDITA DI POPOLAZIONE
Per farci comprendere meglio l’enormità rappresentato dal dato “- 342 mila unità”, l’Istat ci dice che è come se fosse scomparsa la popolazione di una intera città della grandezza di Firenze, perdita distribuita un po’ su tutto il territorio nazionale anche se con variazioni diversificate. La perdita di popolazione del Nord, soprattutto nella prima ondata, appare molto più pronunciata. Nel corso del 2020 il Nord-ovest registra una perdita dello 0,7% e il Nord-est dello 0,4%. Il Centro vede raddoppiare in termini percentuali il deficit di popolazione (da -0,3% del 2019 a -0,6% del 2020), mentre il Sud e le Isole, più colpite nella seconda ondata, subiscono una perdita dello 0,7%, simile a quella del 2019, per effetto della tendenza allo spopolamento già in atto da diversi anni. Lombardia ed Emilia Romagna registrano una inversione di tendenza in termini di variazione di popolazione, passando da un incremento nel 2019 (rispettivamente +0,2% e +0,1%) a un deficit nell’anno successivo rispettivamente di -0,6% e -0,4%. Anche la provincia autonoma di Bolzano, tradizionalmente caratterizzata da incrementi di popolazione, vede ridurre il saldo totale percentuale (dal +0,4% del 2019 al +0,2% del 2020). La maggiore mortalità e la contrazione dei trasferimenti di residenza spiegano queste differenze geografiche tra Nord e Sud.
POCHE NASCITE
Il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia registrato nel 2019 è di nuovo superato nel 2020: gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404.104, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019 (-3,8%). La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato in tutte le ripartizioni, più accentuato al Nord-ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). I tassi di natalità pongono la provincia autonoma di Bolzano al primo posto con 9,6 nati per mille abitanti e la Sardegna all’ultimo con il 5,1 per mille.
NUMERO DI ACCESSI PIÙ ALTO DAL SECONDO DOPOGUERRA
Il quadro demografico del nostro Paese ha subito un profondo cambiamento a causa dell’impatto che il numero di morti da Covid-19 ha prodotto. Nel 2020 i decessi in totale ammontano a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 di oltre 100 mila unità (+15,6%).
CROLLO DEI MATRIMONI E DELLE UNIONI CIVILI
L’osservazione dei dati, seppure provvisori, dei matrimoni e delle unioni civili celebrate nei comuni italiani nel corso del 2020 rivela un crollo significativo: i matrimoni, già in calo nel 2019, si riducono del 47,5% nel confronto con l’anno precedente, attestandosi a 96.687. A diminuire sono soprattutto i matrimoni religiosi (-68,1%) ma anche quelli civili registrano una perdita di quasi il 29%.
FORTE RIDUZIONE DEI MOVIMENTI MIGRATORI
Crollano i movimenti migratori. Nel corso del 2020 si contano in totale 1.586.292 iscrizioni in anagrafe e 1.628.172 cancellazioni.
CONSEGUENZE PER IL PAESE
Se la popolazione tende a scendere gli altri fattori che concorrono al PIL – quali il numero degli occupati e la loro produttività – devono compensarne l’effetto con una variazione in senso opposto per permettere al reddito del Paese di crescere. Spetta al governo il compito di avviare misure che stimolino efficacemente la natalità, la partecipazione al lavoro, l’istruzione secondaria e terziaria, la formazione professionale e l’attrazione di forze di lavoro qualificate dall’estero. Occorre invertire subito il trend che ci proietta verso una società vecchia e poco competitiva.