Confcommercio sempre più in allerta per i dati negativi che si accumulano. A destare nuovi interrogativi e dubbi, su una possibile ripresa dei consumi, è il pesante e inaspettato flop di marzo. La Confederazione non nasconde la sua delusione, con l’inizio della campagna vaccinale e una parziale riduzione della circolazione del virus, sembrava, secondo le previsioni di Confcommercio che si potesse vedere la luce e cominciare a pensare ad una ripresa economica vera.
In realtà nel giro di poche settimane il quadro è tornato ad essere molto critico tra stop al vaccino Astrazeneca e diffusione sul territorio delle varianti del coronavirus che hanno aumentato in modo sensibile la contagiosità. Dal resoconto che emerge nell’ultimo numero della “Congiuntura Confcommercio”, il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, traccia un quadro di perduranti difficoltà, “È evidente che l’economia italiana si trova a rivivere molto simile a quella di marzo e aprile dello scorso anno. Certo i vincoli alla mobilità, le chiusure degli esercizi commerciali e dei luoghi di scambio sociale, sono un po’ meno stringenti ma il problema è che si aggiungono ad una situazione economica già molto compromessa”.
Difficile rispettare le prevenzioni di crescita del Pil
Quindi, quella che era una previsione abbastanza acquisita, cioè una crescita del PIL attorno al 4% per l’anno in corso si allontana. I dati di febbraio indicano un andamento negativo su base annua con una flessione del 12,2% che segue la contrazione del 17,5% di gennaio su questo fronte però, secondo Bella, c’è una ‘speranza’ legata al comportamento delle famiglie che “nel momento in cui ne hanno la possibilità, sarebbero ancora disponibili a tradurre in consumo una parte del risparmio involontario accumulato. Ci sono quindi potenzialità di crescita presenti che oggi sono inevitabilmente schiacciate dalla pandemia”.
Per quel che riguarda il Pil, a marzo dovrebbe ridursi del 4,7% su base mensile. Ma il problema è che a questo punto, sottolinea Bella: “è in discussione anche una previsione di crescita del PIL attorno al 4% per l’anno in corso. Si ampliano i divari tra settori: gran parte dei servizi di mercato si trovano ormai da un anno nell’impossibilità di operare mentre almeno alcuni settori dell’industria stanno recuperando le perdite registrate nei peggiori momenti dello scorso anno”.
Lo studio si spinge nel particolare della crisi alla ricerca di spiegazioni. Passando in rassegna il lieve aumento della
produzione industriale di gennaio o all’andamento economico dei vari settori, ad esempio, solo i prodotti ed i servizi di comunicazione e per l’elettronica di consumo si confermano in territorio positivo. Mentre gli incentivi hanno dato una buona spinta alla domanda di auto.
Riparte l’inflazione
Un dato curioso e inaspettato, per la prima volta dopo molti mesi il settore dell’alimentazione fa segnare un piccolo calo dopo gli aumenti continui degli scorsi mesi ovviamente dati dalla “corsa” alla scorta delle famiglie italiane nei periodi di lockdown.
In fondo alla classifica rimangono la filiera turistica, la mobilità ed i settori legati alla fruizione del tempo libero. Il protrarsi di riduzioni prossime o superiori al 50% da un anno rende sempre più difficile immaginare un’uscita dalla crisi, peraltro non immediata, che non implichi pesanti ripercussioni su questi settori con effetti che potrebbero durare più a lungo della crisi sanitaria. “In forte difficoltà”, conferma la Confcommercio “continuano a trovarsi l’abbigliamento e le calzature (-24,5% nel confronto con febbraio 2020) e la domanda di carburanti (-21,2%)”.
Secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, infine, a marzo 2021 ci sarà un aumento dello 0,2% su base mensile e dello 0,7% su base annua dell’indice dei prezzi al consumo. “Una ripresa dell’inflazione sulla quale” scrive l’Ufficio Studi “continuano a pesare gli aumenti registrati dai prodotti energetici, in seguito alla ripresa dei costi delle materie prime petrolifere”.