Non servono più le belle parole ricche di surrogati melliflui. Non servono più le frasi ad effetto quando poi il povero della porta accanto non conosce neanche il tuo sorriso. Non servono le belle interviste rilasciate a “pagamento ” di simpatie quando poi nelle case si piange e non si trova nessuno che ti porta per un pezzo di pane di solidarietà e fraternità pura. Nella società del tornaconto, dell’usa e getta, tutto è permesso a chi non ha mai abbracciato la disperazione e la solitudine di chi è solo e disperato.
Pasqua senza retorica e superficialità
Scusate ma la Pasqua non permette retorica: siamo dinnanzi a un giovane di 33 anni che solo per aver detto da quale parte stava ha ricevuto sputi, insulti, flagelli e crocifissione. Il romanticismo non serve dinnanzi a un uomo deriso e beffeggiato che pende da tre chiodi, morente sotto lo sguardo della madre che ha il cuore squarciato prima ancora che lo spappolano al figlio. Con quale spudoratezza si fa poesia e sentimentalismo quando ancora oggi si uccide e si muore con estrema gratuità. Ogni parola pronunciata deve richiamare un fatto di vita, gesti di un pronto soccorso che arriva senza pensare alla logica diabolica del “vado perché mi serve “. No, non si gioca con la Pasqua , non vi è posto per la retorica e la poesia mozza fiato. Qui si uccide l’autore della vita, il Dio dell’Amore che ha pronunciato convintamente “Volgeranno lo sguardo verso Colui che hanno trafitto “.
Pedagogia evangelica
La pedagogia usata dal Cristo dei Vangeli è solo una: gesti e parole. Vedi l’incontro con l’adultera, con la vedova di Naaman, il dialogo con Zaccheo, l’incontro con la Samaritana. Prima gesti, dialogo di sguardi e poi parole che salvano. E se nella tua vita, nella nostra vita ciò non avviene, lasciamo perdere il sentimentalismo di una Pasqua che non sfiora, perché dinnanzi all’Uomo della Croce bisogna fare silenzio e se convinti del suo Amore, riscaldiamo la gola per cantare l’Alleluia senza fine, preceduta da gesti di autentica Resurrezione.