Non c’è solo il Recovery plan tra gli impegni economici del governo Draghi. Sul tavolo si sono accumulati i principali dossier industriali ereditati dal Conte bis, e da decenni di ritardi o scelte poco avvedute. Si tratta di ex Ilva, Alitalia, Monte Paschi e Autostrade: tutti nodi che stanno per arrivare al pettine e su cui Palazzo Chigi è già a lavoro con l’obiettivo di intervenire in maniera risolutiva.
Su Autostrade è stato battuto un colpo la settimana scorsa, nel segno della continuità con l’impostazione che prevede di portare l’azienda sotto il controllo pubblico. Cassa Depositi e Prestiti, insieme con i fondi esteri Blackstone e Macquire, ha formalizzato l’offerta vincolante di circa 9 miliardi per l’acquisizione del 51% di Aspi. Atlantia (di cui i Benetton sono principali azionisti) ha rifiutato, ma la trattativa prosegue, tecnicamente fino al 16 marzo.
Di fatto, se entro fine mese non arriverà un accordo di vendita, il governo potrebbe cambiare strategia, senza escludere l’ipotesi di una revisione della concessione. Anche su Alitalia il governo ha confermato lo schema: un “vettore nazionale” basato su Ita (Italia Trasporto Aereo), la newco già dotata dal precedente governo di 3 miliardi per la ricapitalizzazione. Il dossier è ora nelle mani di Draghi che ha convocato lunedì scorso la seconda riunione sul tema.
Perché l’ostacolo da superare e’ l’obiezione di Bruxelles sulla mancanza di una vera discontinuità con Alitalia. La soluzione allo studio sarebbe la cessione di flotta e slot a Ita con una vendita diretta ed esclusiva, e il trasferimento temporaneo dei rami di manutenzione e servizi a terra da mettere poi a gara. Dai primi contatti di venerdi’, sembra che l’Antitrust Ue potrebbe accettare, permettendo forse a Ita di affrontare già la stagione estiva.
I tempi sono stretti anche per la ex Ilva, appesa al progetto di nazionalizzazione già firmato ma da costruire. Gli accordi di dicembre con Arcelor Mittal prevedono l’ingresso di Invitalia (dove Domenico Arcuri e’ tornato a tempo pieno) nel capitale sociale di Am InvestCo, il ramo dell’azienda anglo-indiana che gestisce gli stabilimenti di Taranto.
L’investimento pubblico e’ di 400 milioni entro il 2021, e di 680 nel 2022. Ma il 13 febbraio il Tar di Lecce ha intimato alla multinazionale di chiudere l’area a caldo entro 60 giorni (10mila i lavoratori coinvolti): il governo potrebbe intervenire prima con un provvedimento ad hoc. Quanto a Monte Paschi, sarebbe in caldo un’accelerazione sul processo di privatizzazione, che prevede entro fine anno l’uscita del Tesoro dal capitale. A dicembre, il ministero ha messo sul piatto 3 miliardi in crediti fiscali per l’acquirente, e ora il governo starebbe limando gli aspetti legali per evitare la contestazione di aiuto di Stato.