Da europeisti convinti dobbiamo ammettere che stavolta l’Unione Europea non si è dimostrata all’altezza del compito storico cui è stata chiamata dalla pandemia.
La primavera scorsa si era mossa con lentezza e in ordine sparso lasciando ogni Stato membro a sbrigarsela da solo, come se il virus colpisse in maniera selettiva questo o quel Paese e non tutti i 27 Stati memebri. Ognuno ha dovuto far da sé per approvvigionarsi di mascherine, test, materiale sanitario e quant’altro, arrangiandosi a riconvertire aziende e a trattare con il colosso cinese da posizioni di debolezza.
Per accelerare gli studi e le produzioni dei vaccini l’Unione avrebbe dovuto finanziare in maniera massiccia le aziende farmaceutiche europee stipulando con loro contratti preferenziali, ben scritti, per potersi assicurare il prima possibile la maggior quantità di dosi.
Non avendo fatto nulla di tutto questo, Bruxelles ha sottoscritto impegni con varie società farmaceutiche senza prevedere penali adeguate e lasciando ad esse l’elasticità delle decisioni sui tempi delle forniture.
Eppure l’Europa a 27 è un contraente formato da circa 500 milioni di persone ,molto più dei 330 milioni degli Stati Uniti, dei 180 milioni della Russia, dei 67 milioni del Regno Unito e …dei 9 milioni di Israele.
Un potere contrattuale enorme che avrebbe dovuto far spuntare prezzi bassi, miliardi di dosi e tempi certi nelle consegne. Sprecato.
Quando sono emerse le lacune nelle clausole contrattuali e una certa “furbizia” delle aziende farmaceutiche produttrici, l’Unione avrebbe dovuto battere i pugni sul tavolo ed esercitare tutto il suo “potere di mercato” e regolatorio per imporre a big Pharma, che rallenta a suo piacimento la distribuzione programmata dei vaccini, l’unica soluzione possibile: non rispettate i contratti? e allora i brevetti vengono sospesi fino a quando non avremo la quantità necessaria di dosi per vaccinare l’80% degli europei.
C’è voluto Mario Draghi , nel suo debutto, al primo Consiglio Europeo per svegliare non solo i burocrati di Bruxelles abituati ai loro tempi biblici, al perfezionismo formale e poco attenti al problem solving, ma anche gli altri Capi di Stato e di Governo che stanno sottovalutando il ritardo con cui l’Europa vaccina i suoi cittadini.
Il presidente americano Biden ha promesso che entro luglio tutti gli statunitensi saranno vaccinati. Per quella data in Europa, la copertura vaccinale sarà intorno al 40% .
Questo gap avrà conseguenze enormi non solo sui rischi per la salute degli europei e sulle limitazioni alla loro vita individuale e sociale. Gravissime ripercussioni ci saranno per l’economia. Che succede se l’America riparte a settembre a pieno regime mentre l’Europa arranca e rinvia il ritorno alla normalità di altri sei mesi? E che dire della Cina che è già ripartita da mesi e che sembra aver recuperato gran parte di quanto perduto durante i primi mesi dello scorso anno?
Chi prima ultimerà la vaccinazione di massa e metterà in sicurezza i suoi cittadini, prima ripartirà e condizionerà da posizioni di forza l’andamento dell’economia e degli scambi internazionali.
L’Europa gigante economico e nano politico si deve svegliare subito e vincere la battaglia dei vaccini a qualunque costo. L’Italia può, stavolta, fare da apripista e da primo attore per costringere l’Europa a svolgere il proprio ruolo e non essere la Cenerentola del mondo post-pandemia.