I minori, a dispetto della loro tenera età, sono grandi utilizzatori di device e social network e, come i recenti fatti di cronaca ci insegnano, non sono minimamente consapevoli dei rischi connessi alla condivisione delle proprie informazioni. La Discussione ne ha parlato con Francesca Bassa, avvocato con base a Milano e un’esperienza ultradecennale in data protection e social media, arricchita da esperienze professionali in multinazionali del settore di Internet e docenze di alta formazione su privacy e protezione dei dati personali.
Ormai non c’è giorno in cui la cronaca non ci riporta all’attenzione minori coinvolti in torbide storie, spesso crudeli, nate sui social. Molti bambini usano regolarmente uno smartphone, e un numero sempre maggiore di ragazzini sogna di fare l’influencer o lo YouTuber, passando ogni istante della giornata a collezionare “mi piace” su Facebook. Ma i minori possono usare i social network liberamente e cosa dice la normativa italiana in proposito?
Innanzitutto, una puntualizzazione. Ribalterei la domanda ai genitori: tu lo sai a che età tuo figlio può iscriversi a un social network? In breve, secondo la normativa privacy italiana, il ragazzo può iscriversi ai social network quando ha compiuto 14 anni, prima serve che il genitore abbia acconsentito. Ormai i genitori non possono non mettere in conto che il proprio figlio un domani preferirà fare l’influencer o lo YouTuber, piuttosto che il medico o il calciatore ed è per questo che dovrebbero documentarsi su quali regole si basano, conoscerne il linguaggio. Ad ogni modo oggi sono ancora troppo pochi i progetti che in modo chiaro insegnino le basi, a difendersi dal web, c’è molta divulgazione, ma è necessaria praticità e concretezza che miri a far comprendere i funzionamenti dei social network.
Come possono i genitori prevenire gli effetti (e i rischi) dei social network sui propri figli?
Sui social network non si è al sicuro mai e per questo è importante usare il buon senso, se tuo figlio è online e tu non sai cosa stia facendo è necessario informarsi. Poi, poniamoci domande, cerchiamo i nostri i figli in rete, tramite i motori di ricerca, utilizziamo gli strumenti di parental control, leggiamo i termini di servizio e le policy di condotta da mantenere. La sensazione che ancora oggi molti genitori non prendano sul serio il fatto che il digitale è la realtà e che non si può affrontare in modo superficiale, preferendo essere “fan” o “supporter”.
Lei, da alcuni anni, si occupa di iniziative di educazione digitale ed è molto attiva in questo campo: come si può insegnare ai genitori l’utilizzo consapevole dei social network? Si vince e si perde tutti insieme: tutti sono tenuti a fare la loro parte, chi è esperto di web è tenuto ad insegnare le regole e la normativa, i genitori ad apprendere, le big tech a migliore i loro processi di attenzione ai rischi e a garantire maggiore trasparenza con le informative.
Da un punto di vista dei social network, essi hanno costruito negli anni team di esperti che tutti i giorni lavorano sul concetto di safety & policy creando centri di assistenza che offrono soluzioni tecniche. Quando si parla di digital education, noi ci occupiamo di minimizzare i rischi, sollecitiamo e stimoliamo le regole di condotta, non lavoriamo “ex post”, ma il nostro tentativo è quello di aprire gli occhi su come i social funzionano, proviamo a dare una bussola per gestire la mappa virtuale, senza la bacchetta magica perché non ci sono miracoli.