Ci sono differenze nel produrre al nord e al sud. Disuguaglianze tra il credito a imprese piccole e a quelle grandi. Non è chiaro l’impatto sociale e occupazionale e, soprattutto, chi deciderà la morte di una impresa.
Selezione darwiniana, ossia i più forti vanno sostenuti, gli altri lasciati al loro destino? Ragionando sullo scenario evocato dal presidente Draghi con il no alle imprese “zombi”, quindi niente fondi a quelle che non riuscirono a farcela, che erano già deboli e compromesse prima della pandemia.
Siamo un po’ a “Trono di Spade” e un po’ a “Non aprite quella porta”. Fuori da metafore la nuova strategia di sostegno alle imprese è chiara, ed è emersa nel vertice europeo dei ministri dell’economia e sviluppo. Ricetta che sarà calata presto in Italia. Le avvisaglie ci sono tutte, a leggere le dichiarazioni di due illustri esponenti della coalizione che sostiene il governo Draghi, quindi Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’economia e Daniele Franco neo ministro dello sviluppo economico.
Il primo a fare un ragionamento sul prossimo futuro, sarà ben diverso dai fondi dati a ogni categoria e a tutte le imprese in difficoltà, è Paolo Gentiloni, che ha illustrato le ipotesi caldeggiate ai colleghi europei dal neo ministro dell’economia Daniele Franco.
“Abbiamo parlato della questione della solvibilità delle imprese”, racconta Gentiloni. Il fatto che le iniziative prese nel 2020 con Conte hanno avuto successo nel ridurre il rischio di bancarotta e insolvenza delle aziende.
Questo è infatti ciò che è accaduto, ma questo è il passato. Nella nuova strategia di Roma e Bruxelles, il corso sarà molto diverso, non senza problemi, che a nostro giudizio sono oggi sottovalutati. Il primo quesito è chi potrà mettere alle imprese il marchio di non “economicamente sostenibili”. Con quale metodo e metro di giudizio. La capacità finanziaria? La presenza sul mercato? La posizione geografica? Il numero di dipendenti? Etc etc.
Ma andiamo con calma e seguiamo il ragionamento di Gentiloni, che spiega come d’ora in avanti bisognerà muoversi “gradualmente”, e quindi non più fondi dati in modo “indifferenziato” ma passando ad “azioni più mirate”. La prima azione della neo strategia selettiva applicata agli aiuti sarà scovare le imprese che non hanno più una loro “sostenibilità economica”. Con l’idea di fondo che molte di queste erano già in difficoltà prima della pandemia e quindi gli aiuti avuti non hanno fatto altro che rallentare una morte certa. Le più in difficoltà come è noto sono settori legati a ristorazione, turismo, imprese nelle città d’arte, artigianato, trasporti, mobilità. Per la stragrande maggioranza piccole imprese, spesso a conduzione famigliare. Nei mesi scorsi gli aiuti (anche se non a tutti) sono arrivati a pioggia – prestiti con garanzia pubblica, moratorie, cassa integrazione – ora una virata avrà bisogno di un metodo, di una visione che però non sono state indicate. Ad esempio, come si farà a distinguere fra imprese sane ed imprese in difficoltà? Ci sono aziende che si trovano impantanate per crisi di liquidità, altre che operano in contesto geografico più complesso. C’è differenza tra produrre al nord e produrre al sud.
Serviranno certamente parametri oggettivi, nuove linee guida che eviteranno arbitrarietà nelle decisioni. Quindi servirà tempo. Ma il tempo stringe, e allora si parla di step: prima la valutazione e il salvagente pubblico alle imprese ritenute in grado di superare la tempesta economica; poi garantire canali di finanziamento, infine le aziende “zombi” che saranno lasciate morire. Ma con quale impatto sociale e occupazionale? Nessuno lo dice. Sarà infatti un percorso tortuoso con molte incertezze. Vedremo cosa accadrà nei prossime mesi. Nel frattempo i dubbi affiorano. Infatti, non si è pronunciata parola su come gestire le insolvenze e l’esplosione dei crediti deteriorati. Due questioni chiave per delineare una strategia di uscita dalla pandemia, tenendo presenti gli impatti sociali, che finora non sono stati presi in considerazione.