Una beffa del destino: i 100 anni della fondazione del Pci coincidono con l’imminente sorpasso di Fratelli d’Italia sul Pd erede di una lunga e travagliata vicenda politica.
Secondo gli ultimi sondaggi, solo due punti percentuali separano il partito in forte ascesa di Giorgia Meloni da quello in “stagnazione” di Zingaretti.
Non è una notizia confortante per la sinistra italiana, divisa in mille rivoli e non del tutto consapevole della gravità del suo declino.
Sulla carta, la sinistra nel suo complesso ha un consenso che i sondaggi danno intorno al 34,1%, sommando: 18,8 (PD) 4,3 (Azione) 4 (Sinistra Italia/MPD art.1) 3,1 (Italia Viva) 2,1 (+ Europa) 1,8 (Verdi). Ma le sei forze politiche che gravitano in quest’area sono tra loro litigiose, in perenne e insanabile dissidio.
D’altronde, la storia della sinistra italiana è fatta di continue scissioni: quella del congresso di Livorno (1921) che diede i natali al Pci; quella di Palazzo Barberini (1947) quando Saragat c fondò i socialdemocratici; quella che diede origine al Psiup (1964) che poi riconfluì nel Pci (1972) lasciando fuori il gruppo di Vittorio Foa che formò il Pdup; quella (1969) del Partito Socialista unificato -Psu- da cui nacque il Psdi; quella (1991) che staccò dal Pds di Achille Occhetto la frangia guidata da Cossutta e Libertini che fondarono il Movimento per la Rifondazione Comunista; quella (1995) con cui si staccarono i Comunisti unitari di Lucio Magri e Famiano Crucianelli; quella (1998) che spaccò Rifondazione comunista di Bertinotti e vide un nuovo soggetto il Pdci di Diliberto e Rizzo. Le ricomposizioni sono state poche: I democratici di Sinistra di D’Alema, Veltroni e Fassino (1998) aprirono le porte ai Cristiano sociali; poi spuntano i Democratici di Parisi (1999) in cui confluirono l’Ulivo prodiano, l ‘Italia dei Valori di Di Pietro, la Rete di Leoluca Orlando; Contro il governo Prodi si misero insieme (2006) fuoriusciti di Rifondazione nel Partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando. Il Veltroni (2007) provò la fusione fredda tra Ds e Margherita di Rutelli nel nuovo PD. Ma questa aggregazione provocò la scissione (2007) di Salvi, Mussi e Angius che fondarono Sinistra democratica. Poi (2008) vide la luce un rassemblement denominato Sinistra Arcobaleno e un anno dopo (2009) Niki Vendola battezzò Sinistra ecologia e libertà. Ma non finisce qui: Rutelli (2009) abbandonò il Pd e partorì Alleanza per l’Italia; Antonio Ingroia (2012) inventò Rivoluzione civile; Beppe Civati (2015) sbatté la porta a Renzi e diede vita a “Possibile” insieme a Fassina. Contro Renzi, Bersani e Speranza creano (2015) Mdp Articolo 1. Alle ultime politiche (2018) gli antirenziani si misero insieme in Liberi e Uguali. Il resto è cronaca recente Calenda (2019) abbandona Zingaretti e avvia Azione poi Renzi mette la parola fine (2019) e tira fuori dal cappello Italia Viva.
Questa è la storia squinternata della sinistra italiana… Una sequela di fratture ricomponibili solo in modo forzato con una tagliola del 7% come soglia di sbarramento in una legge elettorale proporzionale o con l’introduzione del doppio turno alla francese.
Intanto il Pd non può restare a leccarsi le ferite e immaginando, wishful thinking, di cannibalizzare parte del Movimento 5 Stelle comportandosi come una grande cellula eucariote che ingloba una piccola cellula procariote.
Il sorpasso possibile della destra dovrebbe far squillare un campanello d’allarme e svegliare il Pd dal torpore in cui è caduto. Serve un forte cambiamento generazionale, di classe dirigente, di linguaggi, di simboli e si visione politica per evitare che la prossima scissione sia simile a quella dell’atomo.