Perdere un figlio, per una coppia di genitori, è una tragedia che lascia sgomenti e produce un dolore lancinante. Se poi ad acuire la sofferenza contribuisce l’insensibilità dei giganti della tecnologia allora il peso da sopportare è ancora più grande, e non tutti hanno la forza per affrontare una trafila legale.
Non così per una coppia meneghina che, con caparbietà e coraggio, ha deciso di sfidare Golia – impersonato per l’occasione dal gigante Apple – e farsi riconoscere dal Tribunale lombardo il diritto ad accedere ai dati del telefono del figlio, scomparso giovanissimo a causa di un incidente.
Foto, ricordi, sensazioni, momenti vissuti insieme e in allegria: tutto intrappolato – forse per sempre – nell’impenetrabile iCloud della società di Cupertino.
Trincerandosi dietro la cortina di ferro della privacy Apple, in prima battuta, non ha concesso lo sblocco del dispositivo del giovane, cosicché i genitori, già affranti per la dolorosa perdita, sono stati pugnalati nuovamente, negando loro l’ultimo ricordo del giovane, stroncando sul nascere ogni possibilità di rendere eterna la memoria al loro figlio.
Nei mesi successivi l’incidente, infatti, i genitori del ragazzo volevano creare un progetto dedicato a lui, un giovane chef, raccontando in uno spazio virtuale le sue ricette, le foto dei suoi piatti e le sue sensazioni. Peccato, però, che tutti questi elementi fossero custoditi nell’iPhone del giovane, bloccati per sempre nella “nuvola” informatica, senza possibilità di riscatto alcuno. I genitori si sono rivolti così ad Apple che, prontamente, ha risposto picche: “Ogni giorno, in tutto il mondo, le persone salvano documenti importanti, appunti di vario tipo e altri contenuti nei loro dispositivi Apple e in iCloud. Per Apple la privacy è un diritto fondamentale. I nostri clienti si affidano a noi per essere aiutati a mantenere i loro dati riservati e al sicuro. In caso di decesso di un cliente, non siamo in grado di determinare se e a chi questi avrebbe voluto rendere accessibili i propri dati” scrive, sul suo sito, la società della mela morsicata. Non restava che la via giudiziaria. Il Tribunale di Milano, qualche giorno fa, ha respinto le difese di Apple e, applicando il Codice Privacy, ha stabilito che quell’iPhone “s’addà sbloccà”: la normativa privacy sul punto, infatti, è molto chiara. L’art. 2-terdecies del D.Lgs. 196/2003 (il Codice privacy, appunto) esprime inequivocabilmente la possibilità per i familiari di ottenere i dati presenti nel dispositivo, a meno che la persona defunta non abbia scelto, in vita, se consentire o no l’accesso alle proprie informazioni a terzi in caso di morte. Quando questa scelta non è stata compiuta – come nel caso milanese – i diritti sui dati dello scomparso possono essere ceduti ai propri cari “per ragioni familiari meritevoli di protezione” ovvero – proprio come scrive il giudice nella sentenza – “per la volontà degli stessi di realizzare un progetto che possa tenerne viva la memoria”.
In effetti, la via dello sblocco tramite ordinanza giudiziaria era già prevista dal colosso dell’informatica che, nelle pagine del suo sito, informa di tale procedura. Non si riesce a comprendere come mai, però, sia stata negata in prima battuta la possibilità a questa coppia di rendere omaggio al ricordo del loro amato che, comunque, grazie a quella stessa tecnologia che li ha fatto tanto penare, continuerà a rivivere nel ricordo di molti.