Il nuovo Presidente degli Stati Uniti è stato accolto con un trionfo dalle borse.
Wall Street ha salutato con nuovi record storici l’ingresso di Joe Biden alla Casa Bianca. L’indice S&P500 ha guadagnato, nel giorno dell’insediamento, l’1,4%, Nasdaq +1,9%. Quella del 20 gennaio è stata la migliore reazione della Borsa Usa nel giorno dell’ di un nuovo presidente dal 1937, quando Roosvelt fu confermato al suo secondo mandato.
Nei giorni appena successivi si è registrato un record anche per le Borse asiatiche, con l’indice complessivo della regione MSCI Asia Pacific (escluso il Giappone) in rialzo dello 0,8%. La Borsa di Tokio ha guadagnato lo 0,8%, Seul +1%, Shanghai +1,5%, poco mossa Hong Kong -0,1%. Quello che gli investitori festeggiano è l’imminente arrivo di un nuovo poderoso pacchetto di aiuti pubblici in grado di rilanciare l’economia Usa e di conseguenza l’economia mondiale, drammaticamente colpite dalla pandemia del Coronavirus.
Al Congresso Usa i repubblicani si sono detti nel complesso disponibili a collaborare con il nuovo presidente per l’approvazione del suo piano di stimoli da 1,9 miliardi di dollari, anche se qualche imprevisto è sempre possibile. I democrati hanno adesso la maggioranza sia della Camera che del Senato, ma hanno sempre bisogno di alcuni voti dell’opposizione per un’approvazione celere dei provvedimenti.
Come noto, dal 2013 i rendimenti reali USA, che non sono altro che i rendimenti rettificati per l’inflazione, sono risultati più allettanti rispetto a quelli di Germania, Giappone e Regno Unito. Il differenziale si è amplificato nel 2015, quando la Federal Reserve ha avviato un ciclo triennale di aumenti dei tassi di interesse: il significativo vantaggio del carry (extra rendimento) ha alimentato il rafforzamento del dollaro. Ma i massicci stimoli monetari e i tagli ai tassi d’interesse attuati dalla Federal Reserve in risposta all’epidemia di Covid-19 hanno di fatto praticamente azzerato questo vantaggio avviando un potenziale ciclo ribassista del dollaro.
Secondo Credit Suisse, se l’euro riprenderà a rafforzarsi sul dollaro, l’azionario europeo dovrebbe sottoperformare in termini di valuta locale, dal momento che un guadagno del 10% della moneta unica determina una limatura dello 0,3% della crescita del PIL del Vecchio Continente e di circa il 6% degli utili societari. Per questo l’investitore dovrebbe guardare a azioni europee con focus domestico, come utility e telecom, o a settori che beneficiano di un euro forte, perché sostengono i costi in dollari, come segmenti del dettaglio e linee aeree. Un effetto collaterale della debolezza del dollaro è anche la sovraperformance dei mercati emergenti globali, perché sono correlati negativamente alla moneta americana.
Come riportato dal periodico specializzato AdvisorOnline, Credit Suisse individua diversi fattori a favore della tesi del trend di indebolimento del dollaro, in primis le attese positive degli investitori sull’universo emergente e le commodity, e ritiene che il recente contenuto rimbalzo del biglietto verde sia un ritracciamento temporaneo, per cui resta cauta su tutte le aree di investimento azionario esposte al dollaro, come ad esempio il settore farmaceutico europeo.
L’analisi del Credit Suisse ricorda inoltre che l’euro oggi rappresenta solo il 21% delle riserve valutarie globali (nel 2009 era al 28%) ma la risposta fiscale e monetaria europea alla pandemia rende l’euro una moneta di riserva molto più credibile di un anno fa. Nonostante il fatto che il 60% delle riserve globali sono in dollari, gli USA rappresentano solo il 25% del PIL globale.