Apertura, dialogo, disponibilità ad un confronto, ma anche attenzioni se non ombre sul futuro delle trattative sindacali. È la linea, per ora morbida, dei sindacati a poche ore dalla nascita di Stellantis, il mega gruppo dell’auto creato dalla fusione tra Fca e Psa – che galoppa in borsa – c’è anche un giorno per iniziare il confronto tra i vertici del gruppo con i sindacati. È oggi mercoledì 20 gennaio l’appuntamento
fissato dall’amministratore delegato Carlos Tavares con tutta la rappresentanza sindacale. Per le organizzazioni sociali è una decisione importante perché, fanno sapere i sindacati “valorizza il ruolo delle lavoratrici e dei lavoratori di Fca in Italia”. Non solo i sindacati colgono l’occasione per sottolineare il buon rapporto con la nuova proprietà in un momento storico così difficile per gli effetti della pandemia sulla salute e sulla vita sociale ed economica dei lavoratori. In questo contesto c’è un sentimento corale: “sarà fondamentale il confronto delle idee per affrontare una transizione già in corso nel mondo della mobilità”. La posta in gioco è alta, e i sindacati sottolineano che vogliono garantire una transizione ecologica e sociale dell’automotive in Europa.
L’industria dell’auto è ad un passaggio cruciale sul piano tecnologico, dei servizi e industriale: la forza reale per affrontare queste sfide è, secondo la visione dei sindacati, la valorizzazione dell’intelligenza e competenza di chi dalla progettazione alla realizzazione dell’auto è impegnato ogni giorno dagli enti centrali agli stabilimenti. Il ruolo dei lavoratori viene posto come priorità rispetto anche alle capacità dei manager, lo sottolineano i sindacati quando fanno appello alle “competenze, know how, ed un capitale paziente in Italia che può fare la differenza”. La linea dei sindacati è quella sollecitare investimenti nell’innovazione e inclusione per l’occupazione. Il via libera arriva anche dalla Fiom, federazione mai tenera sulle scelte dei vertici di Federmeccanica, ma oggi apre al confronto “per affrontare il futuro in Stellantis”, “Futuro per cui è indispensabile un ruolo attivo delle istituzioni”, sottolineano Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive.
Il problema, semmai è cosa resterà della Fiat in Italia? Ed è un tema su cui i sindacati riflettono anche in maniera pungente, è la Federazione italiana operai metalmeccanici a porre il tema.
“Mentre i riflettori sono puntati sui vertici”, sottolinea la Fiom in una recente nota, “i manager e le loro retribuzioni stellari, – sembra di essere nel ‘700 con i festeggiamenti per il matrimonio tra casate europee – quello che rimane per il futuro e per la biografia da scrivere del nostro Paese e dell’Europa sono le persone che davanti a un computer o a una linea di montaggio hanno assicurato la continuità di Fiat prima e Fca poi, nonostante anni di scarsi investimenti, di salari magri e di cassa integrazione: i metalmeccanici sono quello che resterà della Fiat”. I problemi, al di là degli entusiasmi, infatti non mancano.
Con la globalizzazione, si osserva dall’interno delle catene di montaggio, può accadere che addirittura Iveco, oggi in Cnhi, possa essere un asset prelibato per una azienda cinese, ma del resto ormai in Italia l’interesse nazionale strategico è ridotto all’inno nazionale cantato prima di una disputa calcistica. Gli esempi non mancano, incalza la Fiom, e pensare che nel silenzio più assoluto la Marelli è stata venduta ad un fondo americano, Kkr, e oggi è in mano giapponese dopo la fusione con Calsonic Kansei.
“I globalisti e i sovranisti”, sottolinea il sindacato puntando su una analisi geo economica e politica, “hanno bisogno gli uni degli altri e si potranno continuare ad azzuffare come galline in un pollaio televisivo mentre le persone che lavorano sono state lasciate sole”. Il nodo quindi rimane per le forze sindacali il ruolo del
lavoro, che lamentano, non è riconosciuto dalla politica, dalla società prima che dall’impresa. E osservano, “La realtà è che se c’è una Marelli da vendere o uno spin off della Iveco dalla Cnhi o se c’è un accordo sulla fusione tra Fca e Psa, lo si deve al valore che ogni giorno chi lavora genera senza nemmeno il giusto investimento del sistema Paese”, sottolinea senza mezzi termini Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive “Se ci sarà un futuro industriale innovativo per il nostro Paese e per l’Europa lo si deve a loro e sarebbe ora di riconoscerlo”.
C’è inoltre nella versione della Fiom anche una strigliata per il sindacato e lo si legge a chiare lettere. “Il sindacato prima che imprese e governo deve uscire dalle trincee scavate e andare allo scoperto, discutere con i lavoratori: indicare le difficoltà, organizzare una intelligenza collettiva e una pratica contrattuale che non potrà più essere nelle beghe di cortile nazionale”. Così le conclusioni sono più sociali e politiche che sindacali. “La democrazia e la partecipazione dei lavoratori non è un seggio in consiglio d’amministrazione”, osserva De Palma, “ma un percorso di cambiamento profondo del processo e del prodotto in relazione alla domanda pubblica più che di mercato”. Gli interrogativi sul futuro non mancano perché oltre i festeggiamenti ci sono realtà ancora da comprendere e non è scontato il lieto fine. E, per dirla con il linguaggio della Fiom: “Perché mentre i sindacati hanno la carta d’identità, le multinazionali guardano efficienza e redditività, sostegni pubblici all’investimento”.