“Il pianeta Terra è il nostro rifugio, l’unico al momento per l’uomo in cui è presente e può vivere.
Abbiamo una sola ‘casa’ e una sola astronave che e la nostra Terra”. Con questo messaggio l’astronauta dell’European Space Agency (ESA) Luca Parmitano ha concluso il seminario dal titolo “Il pianeta Terra e altri rifugi” che si è svolto, online su Microsoft Teams, nell’ambito delle attività del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania.
Un webinar che ha tenuto incollati davanti allo schermo numerosi studenti e docenti universitari, anche di altri atenei, e non solo, affascinati dalle parole dell’astronauta in collegamento da Houston in Texas.
Ad aprire il seminario Enrico Foti, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura, e Simona Calvagna, docente di Architettura e composizione architettonica I e Laboratorio del Dicar, che hanno evidenziato “la trasversalità e l’importanza del tema del ‘rifugio’ per gli studenti impegnati in questo corso di studi anche alla luce della pandemia che in questi mesi ha modificato le abitudini di tutti noi, ormai sempre più nelle proprie abitazioni, un luogo iperconnesso con l’esterno che stiamo ripensando per renderlo più confortevole”.
E proprio l’astronauta dell’Esa, nel corso del suo intervento, si è soffermato “sulla distinzione tra rifugi che prevedono una presenza temporanea e habitat per una permanenza più lunga”, evidenziando “l’importanza degli spazi fisici indispensabili e necessari per l’equipaggio a bordo della Stazione spaziale internazionale per completare esperimenti, test, attività fisiche per non deperire perdendo peso in assenza di peso e passeggiate spaziali”.
“Negli ultimi anni si è lavorato molto per creare spazi abitativi ottimali sia per le condizioni ambientali, sia per le capacità fisiologiche umane che tengono molto in considerazione l’aspetto psicosociale degli astronauti – aggiunge Luca Parmitano -. A bordo della stazione gli astronauti hanno a disposizione spazi comuni e uno spazio individuale più piccolo di una cabina telefonica, l’unico ambiente privato. Spazi che devono essere efficienti, efficaci e devono soddisfare tutti gli astronauti perché sono gli unici in cui viviamo, in cui possiamo ritagliarci del tempo libero, anche per isolarci individualmente, e in cui lavoriamo”.
L’astronauta dell’Esa ha illustrato “diversi ‘rifugi’ sperimentati e realizzati con materiali di fortuna, come il paracadute, nel corso degli anni in vari addestramenti per sopravvivere in caso di emergenza come la capanna nella tundra russa a -10° o in ambienti carsici sottoterra in Sardegna e in Sicilia con condizioni di umidità al 100% o all’interno del laboratorio sottomarino Aquarius nell’ambito del programma NEEMO della Nasa”.
In chiusura Luca Parmitano si è soffermato “sul veicolo spaziale ‘Crew Dragon’ per il trasporto dell’equipaggio dalla Terra verso la Stazione spaziale internazionale decisamente più confortevole per gli astronauti rispetto ai precedenti e che prevede sistemi, non solo di sopravvivenza, ma anche di permanenza”. E, infine, in riferimento agli “habitat”, agli ambienti della “ISS come la ‘cupola’, spazi in cui si lavora e in cui ci si può rifugiare per guardare all’esterno, o il ‘modulo’ che tengono sempre più conto del benessere fisiologico dell’astronauta”.