C’è da chiedersi, senza televisioni e giornali, senza Social e senza il continuo tamtam mediatico, la sola politica degli “annunci” senza realizzazioni, che fine farebbe? Crediamo che semplicemente non esisterebbe, perché i cittadini, invece, dei sogni annunciati, vedrebbero se alle parole seguissero i fatti delle realizzazioni vere, che sono l’unico modo, per misurare la capacità amministrativa di un partito e di un Governo. In questi giorni abbiamo, invece, assistito al solito guazzabuglio di tensioni di partito e affanni di governo, mentre la scena mediatica è stata completamente occupata da fiumi di dichiarazioni, di parole senza riscontri oggettivi, di inviti alla calma e nel contempo da rilanci di conflitti, di sospetti, di possibili accordi e di nuovi veleni. Il tutto rilanciato in ogni dove, a qualsiasi ora in quello che ormai è diventato un rumore di fondo che nessuno ascolta più con interesse.
Nessuno in questo sistema ridondante può farsi una idea stabile. La conoscenza di merito viene sopraffatta da un costante flusso di dichiarazioni, dove ognuno dice qualcosa. Che sia un passaggio televisivo, o due righe su un giornale in modo da soddisfare le esigenze di un mondo rutilante che ha fretta. Così ogni argomento viene “lanciato” e dimenticato con la stessa velocità. Ricordiamo che l’accordo sul Recovery Fund è stato siglato il 21 luglio al Consiglio europeo e dei 750 miliardi di euro che sono stati messi a disposizione dei Paesi, l’Italia ne riceverà la fetta più grande: Roma ha ottenuto 127 miliardi di prestiti e 81 a fondo perduto.
Dal 21 luglio le cronache, invece, di parlare di progetti per dare si cittadini la consapevolezza di ciò che sarà fatti, sono piene di polemiche, di dichiarazioni e contrapposizioni senza che qualcuno abbia visto un solo progetto. Senza che sia stato discusso come e dove finiranno i miliardi. Si procede a tentoni su un percorso illogico su piano della merito che viene anche esaltato dai media. A novembre il Governo aveva annunciato l’imminente presentazione dei progetti, poi a dicembre di fronte a polemiche e indecisioni lo slittamento a gennaio, ora già si parla di febbraio, mentre gli altri Paesi dell’Unione hanno già depositato i progetti e le richieste di fondi. Il ritardo dell’Italia cade inoltre in una stagione socio economia di gravi emergenze, da quelle sanitarie a quelle finanziarie.
Così tra le sollecitazioni del “fare presto” a quelle del rinvio per trovare la quadratura di nuovi accordi politici e di governo l’Italia con i suoi problemi resta al palo. Prigioniera di bizantinismi e bizzarrie della politica.