L’effetto pandemia ha generato un duplice shock sulle imprese. Il primo sui ricavi e il secondo sulla liquidità aziendale. Due aspetti di uno stesso drammatico problema. La crisi che si protrae da un anno dovuta alle chiusure forzate di negozi, bar, ristoranti, e lavoro a singhiozzo, lo spopolamento dei luoghi pubblici ha innescato un vortice di solitudine esistenziale e un crollo di una economia che appariva salda. Fino a pochi mesi fa la parole d’ordine erano competizione, innovazione, flessibilità. Termini andati in disuso per far posto alle tragiche conseguenze socio economiche della crescita di contagi e di morte. I conti sono chiari e negativi. Nei primi dieci mesi dell’anno scorso, il valore della produzione delle imprese della manifattura, delle costruzioni e dei servizi privati a imprese e persone – esclusi il commercio e la finanza – è diminuito di 224,7 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari ad un calo del 14,4%. Parliamo quindi di settori che hanno pur nelle angosciose difficoltà di lavoro sono riuscite a non chiudere i battenti. Al prezzo però di una forte crisi di liquidità per un terzo delle Piccole e medie imprese. I dati resi noti dalle Associazioni di categoria mostrano bilanci in rosso e una drastica riduzione di soldi cash. L’enorme caduta di ricavi finanziari, di cui non ancora si intravede la fine, ha determinato una prolungata carenza di fondi liquidi: il 33,9% delle micro e piccole imprese ritiene di poter avere seri problemi di liquidità fino a giugno 2021. I timori di fondi liquidi insufficienti sono più evidenti nelle imprese del Mezzogiorno che già erano in difficoltà prima della Pandemia, al centro e al nord l’impatto è stato meno violento.
Sul fronte della crisi finanziaria delle piccole imprese emerge qualche timido segnale di miglioramento, ma come è noto si tratta, più che altro dell’effetto dell’intervento dello Stato con le varie misure di sostegno alle imprese , tra questi soldi a fondo perduto, incentivi e rinvii del pagamento delle tasse, o le garanzie sui prestiti, Gli interventi pubblici a supporto della liquidità, ha uno spettro abbastanza ampio, tale da aver attenuato la carenza di fondi, incrementando la domanda di prestiti delle imprese. A ottobre 2020 i prestiti alle società non finanziarie sono aumentati del 7,4% rispetto un anno prima, accentuando il +6,8% registrato a settembre. Va inoltre sottolineato che il maggiore credito, nell’attuale fase congiunturale avversa, non sta sostenendo l’accumulazione di capitale ma viene utilizzato per la gestione della liquidità conseguente al crollo dei ricavi, determinando un aumento degli oneri finanziari, con un impatto negativo sulla creazione di valore aggiunto. L’analisi dei dati elaborati dalla Banca d’Italia evidenzia che, a fronte di un diffuso calo del credito concesso nel periodo febbraio e luglio del 2019, si registra un aumento del 14% nello stesso periodo del 2020 per le imprese che hanno ottenuto garanzie dal Fondo di garanzia mentre ristagna per le imprese che non hanno utilizzato le garanzie. Crescita marcata, che sfiora il 10% dei prestiti anche per le imprese che accedono alle garanzie fino a 25 mila euro, che invertono la tendenza rispetto ad un anno prima. E, ancora una volta i maggiori affanni si registrano nel Centro e Sud Italia. La domanda che tutti di pongono, quando sarà possibile tornare alla normalità, e riconquistare il terreno perduto? La risposta possibile è con il drastico attenuarsi dei contagi, e nel contempo con l’aumento delle persone vaccinate. Solo quando il pericolo contagi sarà ridotto, allora è previsto un rimbalzo dell’economia che potrebbe ridare ottimismo alle imprese. Finora nessuno può definirne i tempi che stando così le cose saranno inaspettatamente lunghi.
