L’Italia terzultima tra i 27 Paesi dell’Unione Europea per l’uso dei pagamenti tramite carte di credito. Nella classifica dell’evasione fiscale in valori assoluti siamo, invece, al primo posto con 190 miliardi, seguiti dalla Germania, 125 miliardi e dalla Francia, 117. In rapporto alla popolazione manteniamo il primato di evasione fiscale davanti alla Danimarca e al Belgio.
Probabilmente di questi dati non hanno tenuto conto i guardiani dell’euro della Banca Centrale Europea. Nei giorni scorsi hanno tirato le orecchie al governo italiano per metodo e sostanza dell’operazione cashback di Stato.
Dall’Eurotower hanno eccepito sul fatto di non essere stati informati preventivamente dal Governo italiano su questa operazione. Giusto rilievo: la moneta unica è custodita dalla BCE e qualunque attività dei Governi dell’area euro in materia deve essere comunicata a Francoforte. Si potrebbe far notare che la Banca d’Italia, che fa parte dell’Eurosistema, era ovviamente al corrente delle iniziative del Governo: forse qualcosa avrà pur detto ai colleghi delle altre Banche centrali. Ma l’errore di metodo, formalmente, c’è stato.
La Bce, però, ne fa anche una questione di sostanza e sostiene che il cashback italico crea una sproporzione tra mezzi di pagamento che devono essere neutrali e aggiunge un elogio sperticato al denaro contante “… generalmente apprezzato come strumento di pagamento in quanto, quale corso legale, è ampiamente accettato, è rapido e agevola il controllo sulla spesa di chi paga.”
Che l’uso del contante agevoli il controllo sulla spesa di chi paga è tutt’altro che pacifico. Buon senso ed esperienza inducono a pensare il contrario. Il contante sfugge al fisco, come è ovvio, perché non lascia traccia se non è collegato ad altre forme di certificazione e, comunque, la sua provenienza e tracciabilità si sottraggono facilmente al controllo di legalità.
Se c’è una sproporzione in Italia questa deriva proprio dallo scarso ricorso ai metodi di pagamento elettronico e tracciabile che agevola evasori fiscali, riciclatori di denaro e grande criminalità.
Il Governo ha fatto bene ad introdurre degli incentivi per l’uso delle carte di credito e farebbe bene ad estendere l’obbligo di effettuare i pagamenti solo con questi mezzi nei confronti di certe categorie professionali note per la loro alta evasione fiscale.
La lettera firmata da Yves Mersh, al di là dell’annotazione di metodo, è completante fuori luogo. Istituire incentivi per l’uso delle carte di credito non significa introdurre dei limiti sproporzionati all’uso del contante; in un Paese dove il denaro elettronico è scarsamente utilizzato il problema è esattamente il contrario. La BCE non dovrebbe, infine essere insensibile al tema dell’evasione fiscale che si combatte tracciando le transazioni economiche che il denaro contante invece rende oscure. A Francoforte dovrebbero augurarsi una forte riduzione dell’evasione fiscale, soprattutto in un Paese come l’Italia altamente indebitato e che pesa, proprio per questo fardello, anche sulle attività stesse della BCE.
Insomma, la Banca Centrale Europea si è sentita offesa per non essere stata consultata. Ma la lesa maestà finisce qui. Il resto degli argomenti sono inconsistenti.