Scusate, abbiamo scherzato! Eppure non sarebbe nemmeno il primo di aprile. Il governo continua a procedere all’insegna della più totale confusione sull’emergenza Covid con annunci eclatanti, smentite, ripensamenti e poi tutto daccapo.
Fino a tre giorni fa si discuteva della possibilità di permettere gli spostamenti fra Comuni il giorno di Natale e la cosa sembrava ormai fatta con tanto di corsa al merito fra Italia Viva, il ministro Di Maio, pezzi del Pd, tutti a rivendicare di essere stati gli artefici delle mitigazioni al Dpcm del 3 dicembre che vieta gli spostamenti fra Comuni nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno.
Ma ecco che tutto è cambiato e nelle prossime ore, forse già stasera, arriverà un nuovo Dpcm che restringerà ulteriormente le maglie delle libertà. A chiedere di inasprire le misure è stato il Comitato tecnico scientifico che ha paventato il rischio di una terza ondata a gennaio, trovando la sponda dell’ala “rigorista” del governo incarnata dai ministri Speranza e Franceschini.
Scrive il Corriere della Sera: “Oggi gli esperti del Cts torneranno a riunirsi, dopo che il vertice di ieri è stato aggiornato. Poi toccherà a Palazzo Chigi sciogliere gli ultimi dubbi e decidere quali sacrifici chiedere ai cittadini durante le festività. Una scelta che Conte avrebbe voluto evitare per il suo impatto sulla fiducia degli italiani nel governo giallorosso, ma che si è resa necessaria perché, a sentire gli scienziati, «la curva del virus ancora non scende come dovrebbe». La revisione in corsa ha innescato nuove tensioni, perché alla luce dei 12 mila nuovi contagiati i ministri Speranza, Boccia e Franceschini indicano la via del lockdown totale. Posizione che il commissario Domenico Arcuri ha sostenuto nel confronto tra gli scienziati e che Teresa Bellanova, capo delegazione di Italia viva, contesta aprendo lo scontro sui ristori”.
Lo scontro è soprattutto sulla richiesta di istituire una zona rossa nazionale per l’intero periodo delle festività, dal 24 dicembre al 6 gennaio, come a primavera con gli spostamenti vietati fra Comuni e la possibilità di muoversi anche dentro i confini comunali con l’autocertificazione e soltanto per determinate esigenze.
Misura però che l’ala “moderata” del governo ritiene eccessiva, preferendo invece al massimo un’Italia arancione, ossia con bar e ristoranti chiusi, il divieto di varcare i confini comunali, ma lasciando i negozi aperti e la libertà di movimento all’interno del proprio Comune. Quale linea prevarrà? Lo sapremo a breve.
Si discute anche sulla durata. C’è chi ritiene che le restrizioni debbano essere applicate per l’intero periodo delle festività e chi soltanto nei giorni festivi.
La soglia per pensare alla ripartenza, ha spiegato il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, è tra 5.000 e i 10.000 nuovi contagi al giorno.
Ad ogni modo resta l’amarezza per la confusione che sembra contraddistinguere l’azione dell’esecutivo. Che pare viaggiare all’insegna della più completa approssimazione, riaprendo il Paese per consentire la ripresa dei consumi per poi trovarsi impreparato di fronte alla corsa allo shopping che inevitabilmente è subito partita appena sono state limitate le restrizioni.
E così si è passati nel giro di poche ore dall’annuncio della riapertura dei Comuni a Natale al rischio di un nuovo lockdown generale. Con l’annuncio di una probabile terza ondata a gennaio ancora più dura delle precedenti. In un caos come questo come si può continuare a colpevolizzare i cittadini perché si sono assembrati nei centri commerciali in questo fine settimana per fare gli acquisti di Natale? E se è vero che a pensar male si fa peccato come dar torto a chi ipotizza che tutto sia in realtà servito a giustificare un nuovo lockdown totale, come al solito giustificato dai comportamenti irresponsabili degli italiani?
(Lo_Speciale)