Certo, la partita per Conte si è complicata notevolmente. Al Consiglio Europeo per lui, saranno momenti non facili.
Pensava di andarci col vento in poppa, forte di una ritrovata legittimazione trasversale, nella prospettiva di realizzare tre strategie non da poco: il via libera al Mes “riformato, ma di forte impatto simbolico per la Ue; la ricaduta virtuosa sul Recovery Fund e il sì di fatto alla sua task force, autentica “Camera parallela” rispetto al governo.
E invece no. Sul Mes è uscito con le ossa rotte. Tutti i partiti hanno vinto e perso. Compreso il premier. Le domande sono tante. Cosa vuol dire infatti, un Mes oscuro, ambiguo, che potrebbe servire a reperire quei soldi che i progetti del Recovery non daranno o daranno a rate? Conte, è vero, ha incassato il voto di una maggioranza ricompattata formalmente, non senza strappi interni, ma sostanzialmente si tratta di una colla leggera, precaria.
Cosa vuol dire un Mes che non sarà utilizzato? E che dà l’impressione di essere una pericolosa arma in mano a Bruxelles per condizionare definitivamente le nostre politiche finanziarie, economiche e bancarie?
Per non parlare del Recovery. Una lista della spesa presentata in pompa magna dal premier, guarda caso, in concomitanza col voto sul Mes, solo per depistare le frizioni e le tensioni giallorosse (speculari a quelle del centro-destra). Una distribuzione di soldi che hanno suscitato più di una perplessità per la sua ideologica composizione. Alla faccia ad esempio, dell’emergenza pandemica: solo 9 miliardi per la sanità e il resto per l’uguaglianza di genere, la digitalizzazione, la green economy, l’intelligenza artificiale: le parole chiave della società del futuro che si costruirà sulle ceneri del Coronavirus.
Conte voleva volare in direzione-Bruxelles a vele spiegate: invece Renzi si è messo di traverso e minaccia il rimpasto o addirittura, una crisi di governo, evidentemente sollecitato da settori alti dello Stato (ipotesi governo di emergenza o Draghi).
Oggetto del contendere, come noto, l’essenza e i poteri della Task Force “alla Colao”, considerata un governo parallelo, personale, che esautora le competenze dei ministri e risponde direttamente a Palazzo Chigi. Per Renzi è una questione di principio, e non sembra si tratti soltanto di aggiungere un posto a tavola.
Morale, Conte anziché vincere, è stato costretto a tornare sui suoi passi, e rinegoziare la sua idea. Dovrà confrontarsi ancora una volta con il Parlamento, per far decollare un nuovo quadro programmatico per il Recovery che al momento, quindi, è in alto mare e in progress.
In soldoni, Renzi ha recuperato palla. Ora dipende da lui se far cadere il governo o imporre una nuova fase. Con Conte ridimensionato e depotenziato.
(Lo_Speciale)