Tutti i giornali parlano dei “cattivi sovranisti” che stanno impendendo alla Ue di esercitare il suo nuovo, inusitato, slancio umanitario e solidale, passando dal rigorismo, dalla freddezza dei burocrati, dei tecnici e dei banchieri, al buonismo a 360 gradi. Ossia, l’allentamento dei vincoli di bilancio e il conseguente Recovery Fund per finanziare i paesi in difficoltà a causa del Covid.
Ma c’è un ma. Polonia e Ungheria si sono messi di traverso. E, apriti cielo, sono il Male che torna.Il passato che torna. Il segno che i sovranismi e i populismi sono il contrario, l’opposto del bene comune; sono solo l’egoismo, il conflitto e l’ignoranza negazionista. Ma in realtà, fanno da alibi all’impotenza strutturale e istituzionale di Bruxelles, e all’incapacità degli Stati membri, Italia per prima, di ideare, scrivere ed elaborare progetti degni di nota.
Come è noto, se i progetti legati al Recovery non funzionano, non sono validi, niente soldi; oltre al fatto che gran parte dei fondi previsti, anche quelli a fondo perduto per l’emergenza-sanità, contengono forme di restituzione più o meno articolate.
La verità è che sul tema-progetti, tutti sono indietro, noi compresi. Al momento, abbiamo partorito solo 6 progetti (è Conte che decide), e pare che solo tre siano stati considerati professionali e affidabili: gli altri 3 sono solo indicazioni generiche, insomma, bozze. Quindi non giudicati.
Simbolo deprimente di una classe politica (quella giallo-rossa), poco lungimirante, incompetente, di respiro corto, senza visione d’assieme. Incapace di progettare a lunga scadenza.
E come se non bastasse, sempre i due cattivi paesi sovranisti hanno svelato il trappolone ideologico che si cela dietro l’ortodossia dei progetti: l’adesione allo stato di diritto europeo. Cosa vuole dire? Che tutti gli Stati membri devono obbligatoriamente adeguarsi, allinearsi alle decisioni di Bruxelles, comprese quelle che riguardano i diritti arcobaleno, i diktat della lobby Lgbt, il gender e tutto ciò che ciò comporta in termini di legislazione ed effetti culturali. Un’accelerazione che è stata impressa proprio dalla attuale presidente della Commissione Ursula von der Leyen, votata dalla sinistra nostrana e dai grillini.
E per chi non aderisce allo Stato di diritto europeo sono previste ritorsioni economiche e procedure di infrazione.
Questa è la vera partita in ballo. Non la solidarietà, non il virus, ma il direttorio laicista in Europa. Un altro virus.
E Ungheria e Polonia, non stanno andando contro la democrazia, ma sul Recovery, hanno esercitato il sacrosanto diritto di veto contemplato dalla legge. Pure questa è democrazia.
E c’è un ultimo aspetto, anche questo inquietante: il “Regime-Covid”, sta costruendo la società del futuro, sulle ceneri di modelli che comunque sarebbero implosi. Quelli dell’Europa che abbiamo conosciuto. Ciò che non è riuscito alla globalizzazione (un mondo di apolidi, precari e liquidi), ed è riuscito in parte con la rete-sovrana (un mondo connesso virtualmente ma sconnesso con la realtà); sta riuscendo perfettamente grazie alla gestione politico-sanitaria del virus. Un nuovo modello che ripropone con maggiore violenza ed efficacia, il governo mondiale dell’economia, la scomparsa di ogni “piccolo”, dalle Pmi agli artigiani, commercianti, ristoratori, partite Iva, singoli professionisti; la fine dei corpi intermedi, dalla famiglia alla comunità fisica territoriale, professionale, come i luoghi del lavoro, l’azienda, la fabbrica. Nel nome del “grande”, la grande distribuzione, i colossi, le multinazionali, tutta l’umanità in smart working.
Qual è infatti, il contenuto dei progetti tecnici per il Recovery che piacciono tanto a Bruxelles, oltre quelli ideologici sui diritti civili? Smart working, digitalizzazione, green economy etc. E quali categorie stanno massacrando i Dpcm di Conte? E quali parole usa come un mantra il Regime-Covid? Distanziamento sociale, confinamento privato, coprifuoco. Ricorda niente?
(Lo_Speciale)