Dobbiamo essere grati ai negazionisti del Covid. Non perché contribuiscono con le loro manifestazioni senza mascherina a diffondere il virus. Non perché rischiano di infettare le forze dell’ordine che sono costrette a fronteggiare le loro violenze. Non perché offendono medici e infermieri che ogni giorno rischiano la loro vita per salvare quella di persone gravemente malate. Non perché denigrano scioccamente la scienza e la ricerca. Dobbiamo ringraziarli perché dimostrano quanto sia errata l’idea storicista del progresso lineare dell’umanità.
Potremmo sbarazzarci delle loro affermazioni deliranti attribuendole ad un’eccessiva presenza di zucchero invece che di sale nel loro cervello, oppure pensando a quanti clienti potenziali potrebbero distendersi sui lettini degli psicanalisti o al lavoro improbo che attenderebbe gli psichiatri chiamati ad occuparsi di loro.
Ma è non in questo modo che capiremmo la lezione che, ovviamente in modo involontario, queste persone – tali sono nonostante tutto – ci insegnano.
Siamo abituati a pensare che l’umanità, nel fluire della storia, faccia continuamente e inevitabilmente solo passi avanti e che ogni generazione sia migliore di quella che l’ha preceduta. Poi arrivano le guerre, le armi di distruzione di massa, i genocidi, i traffici di esseri umani etc. che portano indietro l’orologio della storia: e ci accorgiamo che il progresso non è né lineare, né scontato, né tanto meno pilotato da una mano invisibile e provvidenziale che ci conduce verso conquiste di civiltà irreversibili.
Di una sola cosa, però, siamo sicuri che vada avanti senza mai tornare indietro: la conoscenza scientifica con le sue appendici tecnologiche. Il sapere basato sull’uso della ragione che indaga con metodo trasparente e controllabile sulla realtà e ne scopre sempre di più i segreti innumerevoli in un’avventura entusiasmante di che, come diceva Popper, non ha fine.
Qualcuno può pensare che la democrazia diretta della polis sia migliore della nostra democrazia rappresentativa, ma nessuno in grado di intendere e di volere affermerà mai che gli alchimisti o gli sciamani siano più attendibili dei ricercatori e dei medici di oggi che sicuramente saranno superati da quelli di domani.
Ed ecco allora che spuntano i negazionisti che non si arrendono neanche di fronte all’evidenza e pretendono con un rutto di sbarazzarsi della scienza.
È vero, sono una esigua minoranza, ma sono la dimostrazione che il trionfo della ragione non è mai dato per scontato e che la battaglia contro la regressione verso la costruzione di palesi falsità che sfidano la realtà non è mai vinta una volta per tutte.
Il negazionismo, in generale, è l’estremo e infantile tentativo di fuggire dalla realtà per ingannare e ingannarsi raccontando qualcosa che stride apertamente contro l’evidenza dei documenti storici e delle conoscenze scientifiche. È l’estremo sussulto del rifiuto della ragione in nome di una non-conoscenza e di una mitologia deteriore che mira a scardinare alle radici l’essenza del sapere umano basato sul metodo. È il fondamentalismo dell’irrazionalità elevata a sistema che pretende di sostituire la conoscenza della realtà con un non-sapere che si sente superiore e che fa della mistica della dietrologia e della cospirazione una sorta di vitello d’oro, un idolo che promette ciò che non può dare.
I negazionisti non esprimono opinioni, più o meno demenziali. Sono la manifestazione della resistenza all’uso della ragione. Che poi siano strumentalizzati da cinici manipolatori, da politici irresponsabili, da ambienti criminali, questa è tutt’altra storia, molto più facile da svelare.
Combattere il negazionismo, che sia contro l’olocausto o contro il virus è un obbligo morale di tutti se non vogliamo ripiombare nell’oscurantismo dell’eclisse della ragione.