Il tycoon più famoso al mondo, Warrern Buffet, ha affermato in una delle sue celebri frasi che “Il mercato azionario è progettato per trasferire denaro da chi è continuamente attivo a chi è paziente”. Guardando l’andamento di due degli indici più rappresentativi del mercato azionario non si può non essere d’accordo con Buffet.
Lars Schickentanz di Anima sgr aveva preannunciato nelle scorse settimane che i due catalyst che avrebbero dato spinta ai mercati finanziari e che poi si sono entrambi materializzati, a breve distanza l’uno dall’altro, sarebbero stati l’elezione di Joe Biden come 46° Presidente degli Stati Uniti; e l’annuncio da parte di Pfizer dell’efficacia dei test sul vaccino anti Covid-19.
Quali potrebbero essere le implicazioni di questi due avvenimenti?
Innanzi tutto, sempre secondo Schickentanz la vittoria di Biden porterà benefici ai settori come utilities, finanziari e industriali favorendo quella rotazione settoriale attesa da tutti. Le politiche fiscali annunciate, si ipotizzano 2 trilioni di dollari di intervento tra sostegno al lavoro e investimenti in infrastrutture (soprattutto green), e la redistribuzione del reddito con l’aumento delle tasse sui redditi più elevati, darà una scossa all’economia non solo americana ma anche globale.
Come ci insegnano gli esperti nei periodi di recessione le valutazioni tendono a essere distorte perché avviene una contrazione degli utili. Tuttavia, vale la pena di ricordare che i prezzi delle azioni sono spesso considerate un indicatore che anticipa l’attività economica. Abbiamo spesso ricordato che il mercato finanziario molto spesso anticipa di diversi mesi ciò che accade nell’economia reale. Questo perché gli operatori di mercato sono soliti individuare il valore futuro delle azioni e a scontare oggi il loro prezzo. Nonostante le valutazioni relative indichino opportunità più a buon prezzo (o meno costose), ciò non significa necessariamente che si sia esaurito il loro potenziale futuro.
Alla luce della repentina correzione detonata dal Covid e della successiva ripresa a V, i titoli americani hanno incredibilmente mantenuto il loro status come uno dei segmenti sopravvalutati – se non addirittura quello più sopravvalutato – nei mercati sviluppati. Infatti il rapporto prezzo/utili (P/S) nei mercati sviluppati e negli USA viene scambiato con un premio notevole rispetto al benchmark mondiale attuale e storico. Siamo dell’idea che gli investitori siano stati spinti ad assumersi rischi estremi da un supporto politico senza precedenti, e di conseguenza le valutazioni dei titoli USA sono state spumeggianti.
Mentre si fronteggiava la pandemia, il mondo ha visto chiudersi un ciclo e, in un battibaleno, aprirsene un altro. Ciò che normalmente sarebbe avvenuto in molti trimestri o anni, si è condensato in pochi mesi.
La contrazione dell’economia causata dal lockdown imposto dai governi ha causato le relative oscillazioni dei prezzi degli asset, mentre le imprese si sono trovate a dover affrontare – e sono ancora alle prese – con il calo dei ricavi. Sui mercati finanziari, massicce quantità di denaro sono state disinvestite dagli asset “rischiosi” e spostate sui titoli di Stato e su fondi del mercato monetario.
I prezzi dei titoli di Stato più popolari hanno registrato un netto rialzo; il rendimento dei Treasury decennali americani è sceso in poco tempo dall’1,63% del 12 febbraio allo 0,67% della fine di marzo, livello a cui si trova tuttora. I bund tedeschi sono finiti ancora più sotto tiro, registrando il 9 marzo un rendimento pari a – 0,86%, mentre ora è del – 0,50%. Gli option-adjusted spread, che misurano il rischio di credito e il livello di tensione, sono schizzati alle stelle.
Negli Stati Uniti, gli spread del credito delle obbligazioni societarie high yield sono passati dalla media decennale di 542 punti base ai 1.100 punti base della fine di marzo. Le azioni come asset class ha registrato un pesante tonfo; l’indice MSCI World, con una flessione del 31,7% ha toccato il minimo, e la maggior parte dei principali indici di mercato ha toccato minimi simili.
La caduta libera dei prezzi ha iniziato a rallentare solo quando ci sono stati gli interventi della Federal Reserve americana e di altre importanti banche centrali. I prezzi hanno cominciato a riprendersi solo dopo l’approvazione del CARES Act negli Stati Uniti e di altri programmi fiscali in diverse economie.
Il risultato elettorale americano è stato accompagnato da una reazione positiva da parte delle principali classi di attività e da un modesto indebolimento del dollaro. L’equilibrio politico che si viene a realizzare determina la necessità da parte del Presidente eletto Biden di negoziare con il Senato, che non è a maggioranza democratica, le iniziative di politica economica che vorrà realizzare.
A parità di altre condizioni, sui mercati obbligazionari l’impatto del nuovo equilibrio politico americano è a favore del mantenimento di un contesto di tassi bassi e di curve dei tassi relativamente compresse. Questo contesto è favorevole per l’assunzione di rischio di credito. Molti analisti favoriscono il settore investment grade perché offre un tasso di remunerazione ulteriore rispetto ai titoli di stato e gode della protezione dei programmi di acquisto della banca centrale.
Il mercato azionario ha avuto una reazione positiva dopo il risultato elettorale grazie all’impatto favorevole sui settori tecnologici e difensivi del comportamento della curva dei tassi e della revisione al ribasso delle aspettative sulla dimensione dell’intervento fiscale e della possibile revisione della tassazione.
Un pacchetto fiscale meno corposo mantiene elevato il contributo della tecnologia alla crescita degli utili aziendali dell’indice S&P500.
Secondo Brian Levitt, Global Market Strategist, e Talley Leger, Investment Strategist di Invesco “Scommettere ora contro il credito e le azioni equivarrebbe a scommettere contro la medicina, la scienza, l’ingegno umano e la direzione della politica monetaria; non è il genere di scommessa che fa per noi”. Sempre secondo gli analisti “La leadership di mercato, in ultima analisi, sarà il risultato della selezione tra le aziende protagoniste del cambiamento e quelle che ne saranno vittime.”
Per capire se si tratta di un contesto duraturo di propensione al rischio, possiamo focalizzarci su ciò che sappiamo dei cicli di mercato. Malgrado non esistano due cicli di mercato identici, essi tendono a seguire pattern simili.
Anche adesso, nonostante la pandemia globale, tale tendenza trova conferma. In questo articolo, illustreremo le tipicità delle fasi iniziali dei cicli congiunturali e di mercato “allungati” e confronteremo questi trend con l’attuale contesto economico e di mercato. Al di là dell’inevitabile e prevedibile aumento a breve della volatilità, siamo convinti che ci troviamo di fronte a un nuovo ciclo che sta svolgendo il ruolo fondamentale di catalizzatore per un rally sostenibile a lungo termine degli attivi rischiosi.
I mercati ribassisti di solito sono l’anticamera di una recessione economica e non caratterizzano le fasi iniziali e intermedie della ripresa. Negli Stati Uniti dal 1930 in poi, per ben sei volte i listini azionari hanno registrato crolli superiori al 30%, e nonostante l’inevitabile volatilità e le correzioni di mercato, a uno e tre anni dal minimo, le azioni hanno sempre evidenziato un notevole rialzo.
Questa volta, le azioni mondiali hanno dovuto far fronte a un vero e proprio mercato ribassista e recessivo per una ventina di sessioni di contrattazione. I minimi del mercato, come succede di solito, hanno coinciso con un’estrema volatilità, posizionamenti asimmetrici degli investitori e un diffuso pessimismo globale. All’inizio di maggio gli investitori avevano ampiamente capitolato e investito miliardi e miliardi di dollari in titoli di Stato e attivi pseudo-liquidi.
Sono poi arrivate risposte dalla politica e c’è stato un allentamento delle condizioni finanziarie. Se storicamente tra gli investitori è sempre stato in voga l’adagio “non combattere la Fed”, adesso questo principio può essere applicato a quasi tutte le altre banche centrali mondiali, alla Commissione europea e al Congresso americano. Come sempre, l’inizio di un ciclo può essere soffocato da un cattivo policy mix.
In questo caso, però, la probabilità di un errore sul piano politico sembra essere bassa. La politica monetaria espansiva sta già avendo l’effetto desiderato. Le aspettative di inflazione si sono ampiamente riprese da livelli piuttosto depressi, il dollaro USA si sta indebolendo rispetto a un ampio paniere di altre valute, i prezzi delle materie prime industriali si sono stabilizzati e gli spread del credito si sono compressi. Dal punto di vista fiscale, gli organi politici, tra cui il Congresso americano e la Commissione europea, sembrano orientati a fornire consistenti supporti alle economie.
Possono emergere dei periodi “risk-on” anche quando le economie navigano in acque difficili. Non scordiamoci che dopo la crisi finanziaria globale sono passati molti anni prima che ci fosse il picco dei default dei mutui, che le famiglie riducessero l’indebitamento nei loro bilanci e che venisse raggiunta la piena occupazione. Ciò nonostante, i listini azionari hanno messo a segno considerevoli rialzi.
Sempre secondo Brian Levitt e Talley Leger, alcuni segmenti dell’economia mondiale (settore manifatturiero in Cina, settore immobiliare e vendite al dettaglio negli USA) stanno evidenziando segnali di una netta ripresa, altri invece continuano a essere in crisi. Come temuto da molti le condizioni economiche potrebbero potenzialmente peggiorare a breve termine perché l’aumento dei casi di contagio da COVID-19 in molti Stati americani e in alcune città del mondo potrebbe portare a nuove chiusure e a una diminuzione della mobilità delle persone.
Va però sottolineato la maggior parte degli analisti non prevede misure così restrittive come quelle varate nei primi mesi dell’anno. Adesso i governanti sanno molte più cose del virus rispetto al marzo 2020 (l’utilità della mascherina, del distanziamento sociale, il rischio più basso degli assembramenti all’aperto), e queste consapevolezze, duramente pagate, dovrebbero contribuire a far scendere il numero dei casi e permettere il graduale proseguimento della ripresa economica.
Ci saranno probabilmente riprese deboli e intermittenti compatibili con un accomodamento prolungato e persino avanzato delle politiche monetarie e fiscali globali. Come sempre, nei prossimi trimestri gli investitori non dovranno preoccuparsi se le condizioni economiche sono buone o cattive, quanto invece se è in vista un loro modesto miglioramento.
Infine, leggendo i report dei maggiori esperti sulle valutazioni delle azioni globali, ne esce l’impressione che seppur non necessariamente a buon mercato su base assoluta, rimangono interessanti rispetto a molte alternative, compresi i titoli sovrani dei Paesi sviluppati: i tassi di sconto utilizzati per stabilire l’attuale valore dei futuri flussi di cassa sono prossimi allo zero in gran parte del mondo sviluppato, e ciò indica che nel corso del tempo gli investitori saranno probabilmente disposti a pagare multipli degli utili più alti.
Mai come in questo momento storico gli investitori azionari dovrebbero tuttavia riflettere sul tipo di azienda che intendono detenere nel lungo termine. La leadership di mercato, in ultima analisi, sarà il risultato della selezione tra le aziende protagoniste del cambiamento e quelle che ne saranno vittime.
I grandi vincenti in questo mercato stanno rivoluzionando il modo in cui funzionano l’economia, le attività commerciali e la società. È possibile che i multipli azionari che paghiamo per tali imprese siano più elevati rispetto al mercato in generale, ma ci aspettiamo che i loro utili crescano più rapidamente rispetto al mercato.
I più ottimisti (o lungimiranti?) ritengono che questo nuovo ciclo economico e di mercato sarà tra i più lunghi di sempre e forse sopravanzerà addirittura il ciclo post-2008. Un periodo esteso di bassa crescita, inflazione moderata, bassi tassi di interesse e massicce politiche accomodanti sarà probabilmente un periodo che porterà a un’ottima performance del credito e del comparto azionario.
E i risparmiatori, cosa faranno? Come sempre diversificare, diversificare e ancora diversificare pur con una propria view. Diversificare non per disperdere i rendimenti e mettere tutto nel calderone, ma inserire accuratamente pesi e contrappesi nel proprio patrimonio.