domenica, 24 Novembre, 2024
Economia

La forza immobiliare. Colombo Clerici (Assoedilizia): patrimonio che dà valore al Paese. Servono riforme vere e adeguate per un bene collettivo che crea ricchezza e stabilità

Assoedilizia, è un punto di riferimento storico per i proprietari di immobili. Nella sua lunga storia ha annoverato sfide vinte, progetti realizzati, crescita di un patrimonio che in Italia resta saldamente nel cuore e nelle ambizioni dei cittadini. Oggi l’Associazione ha di fronte con la Pandemia e i suoi effetti collaterali socio-economici e sanitari, uno scenario impegnativo, inedito e che comporterà iniziative innovative, e coraggiose. C’è il super bonus 110%, c’è una situazione economica difficile che creerà non pochi problemi alle famiglie, ma c’è anche la possibilità di fare di più e meglio e confidare nella ripresa. Ne parliamo con il presidente Colombo Clerici, che illustra le prossime iniziative di Assoedilizia.

Presidente Clerici per quanti non conoscono la lunga e gloriosa storia di Assoedilizia ci può fare il punto della situazione? Ci può spiegare il ruolo e la forza economica della sua Associazione?
“Se scorro gli annali della Associazione (che datano dal lontano 1894, anno della sua fondazione), mi rendo conto di tutti i passaggi storici attraversati dal mondo della proprietà immobiliare, che è il mondo delle famiglie italiane risparmiatrici, nel suo rapporto con la politica e le sue scelte. Siamo passati dall’entusiasmo creativo, alla sfiducia sistematica, dalla libera iniziativa alle operazioni dirigistiche. Il mainstream della politica è passato, dalla alleanza con il risparmio familiare, alla alleanza con i centri del potere finanziario internazionale.

Fino a vent’anni fa la gestione della ricchezza, mobiliare e immobiliare, era a misura d’uomo. Poi, gradatamente è diventata un fatto sempre più tecnico e sempre più complesso, sempre più riservata a specialisti intermediari che finiscono per convergere sui fondi di investimento, finanziari o immobiliari. Il fai da te è divenuto troppo difficoltoso.
La gestione dei patrimoni in via digitale contribuisce fortemente a questo risultato.
Allora la ricchezza era nelle mani degli anziani, che la gestivano direttamente in modo oculato e prudente, con l’ausilio dei vari consulenti: gli agenti di cambio, poi le banche, da un lato, e gli agenti e i professionisti immobiliari dall’altro. Ora, pur appartenendo sempre ai vecchi, è gestita dai giovani manager, ma in modo talvolta  spregiudicato e spesso imprudente.
Nel frattempo, la politica abitativa e immobiliare italiana, dopo aver condannato la gran parte del patrimonio immobiliare del Paese alla sterilità economica, ora lo sta consegnando alla inammodernabilità socio-urbanistica.
Il pluridecennale sfavore legislativo nei confronti della locazione abitativa privata (blocchi dei contratti, blocchi degli sfratti, equo canone, canoni concordati, fiscalità opprimente, responsabilità civile crescente, gestione amministrativa sempre più complicata e onerosa etc.), non accompagnato da una adeguata politica di investimenti pubblici nell’edilizia residenziale, oltre a tenere sempre aperta una prospettiva di squilibrio del settore abitativo, scaricando oneri di socialità sulla proprietà privata, ha generato un fenomeno tutto italiano e mediterraneo nel rapporto dei cittadini con l’abitazione: la più alta percentuale di case, a livello europeo, occupate direttamente a titolo di proprietà dalle famiglie, l’82% del totale.
Il fatto è che queste case appartengono ad una economia statica e non dinamica: non producono gettito fiscale (né IMU, né imposte dirette e indirette), non fanno certificazioni elettriche ed energetiche (come le abitazioni in locazione), non danno luogo all’indotto derivante dal turn over abitativo legato alla locazione (agenti immobiliari, artigiani vari addetti alle pulizie e alla manutenzione dell’immobile, ditte di traslochi, professionisti e tecnici, mobilieri e tappezzieri etc.). E dunque sono sterili dal punto di vista economico.
Ma non basta: l’Italia è diventata la patria dei condomini. Il loro numero ascende ad 1 milione e 200mila condomini, che sono, tra i tutti i soggetti coinvolti nel rinnovamento urbano, i meno sensibili e i più restii alle operazioni di rigenerazione edilizia. Nelle nostre città, in tutti questi anni, le sole operazioni di ristrutturazione che si son viste, son state quelle promosse su immobili a proprietà unitaria.
Ecco perché oggi, se lo stato vuole ottenere un minimo risultato almeno in termini di semplice riqualificazione edilizia è costretto a finanziare a fondo perduto e al 110% gli interventi del Superbonus. Fatte queste operazioni, per tutti questi immobili non si parlerà più di rigenerazione urbana (che consiste soprattutto in sostituzioni edilizie e ristrutturazioni profonde). Dunque, non si tratta di un processo di conservazione, che ha altre ragioni e logiche, ma di un processo di semplice e sommario maquillage, con conseguente imbalsamazione delle città. Ma ormai, in piena pandemia, con la mente dei cittadini rivolta prevalentemente ai problemi di salute, di incolumità e di sopravvivenza economica, c’è poco da andare per il sottile. Almeno il Superbonus fa “girare” un po’ di economia attiva”. 

Presidente Clerici, come lei ricorda si parla molto di Superbonus al  110% che sulla carta è una maxi agevolazione fiscale prevista dal Decreto Rilancio (DL 34/2020) che eleva al 110% la detrazione fiscale. Sarebbe opportuno spiegare come richiederlo in sede di ristrutturazione. In sintesi spiegare ai singoli cittadini quali gli step e soprattutto cosa pagano alle ditte edili?
“Rifare casa rendendola più sicura e virtuosa sul piano energetico a spese dello stato. Di primo acchito è il messaggio che giunge al potenziale beneficiario (condomini, persone fisiche – che non siano proprietarie di un’abitazione signorile, di una villa di lusso o di un castello – istituti autonomi case popolari ecc.) dal cosiddetto superbonus 110% e da altre agevolazioni introdotte dal governo con il Decreto Rilancio. L’interesse è enorme, i tecnici asseveratori ricevono centinaia di richieste, ma attenzione: senza nulla togliere alla validità complessiva  del provvedimento, si può rischiare di commettere errori che farebbero saltare ogni beneficio e in più portare a conseguenze anche penali.

Per accedere al superbonus, gli interventi “trainanti” devono assicurare il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio, o, se non è possibile, il conseguimento della classe energetica più alta.
Alcuni tra i principali aspetti applicativi  sul superbonus, valido dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2023, riguardano i tetti di spesa, le modalità di cessione del credito, la convenienza a proposito del cessionario (banche o imprese che eseguono i lavori?): tenendo presente comunque che ‘quota 110’ di recupero non sarà mai raggiungibile in quanto banche e imprese edili  detrarranno quote  di rischio e di interessi (mediamente al committente toccherebbe sborsare dal 5 al 10% della spesa complessiva). Ed è fondamentale che venga messa a fuoco la responsabilità dei diversi attori – committente, esecutore, istituto di credito – in caso di irregolarità. Inoltre sarà opportuno valutare la convenienza dei lavori: ad esempio, non avrebbe senso realizzare un ‘cappotto’ in un edificio con ampie finestrature perché difficilmente si otterrebbe il miglioramento di due livelli di classificazione energetica richiesto.  Assoedilizia, per l’assistenza la consulenza in questa materia, ha istituito un apposito ufficio, ed è a disposizione  per informazioni ed assistenza”.

Il nuovo Decreto del presidente del Consiglio, del 28 ottobre 2020 riporta la didattica a distanza per gli studenti universitari. Ciò ha determinato la conclusione anticipata di molti contratti di locazione con i privati. Spesso gli immobili acquistati in zone cosiddette universitarie, sono stati investimenti al pari delle seconde case su cui non esiste il blocco del mutuo ma allo stesso tempo non vi è alcun ristoro per l’ammanco ormai di mesi in cui gli universitari non affittano più appartamenti. Il danno di tutti i proprietari immobiliari è ingente. Cosa ha pensato di fare Assoedilizia per la tutela di questa categoria dimenticata?
“Milano è, in Italia, città universitaria per eccellenza con ca. 175.000 studenti dei quali 120.000 fuori sede (15.000 gli stranieri).  I fuori sede, per alloggi, alimentazione, librerie, trasporti, divertimento spendono oltre 700 milioni di euro. Secondo una stima prudenziale, ca. 30.000 studenti, dopo l’esodo conseguente al lockdown, non hanno fatto ritorno in città scegliendo corsi ed esami a distanza, mentre regioni come la Sicilia hanno deciso incentivi per trattenerli ‘a casa’. I proprietari di casa milanesi stanno perdendo incassi per ca. 80 milioni di euro su base annua.

Finora il Governo non ha assunto impegni per risorse sostanziali, né alle famiglie dei fuori sede, né ai proprietari di casa. Non sono previsti neppure gli sgravi dell’Imu che continua ad essere dovuta anche per gli alloggi sfitti.
È necessario intervenire a livello nazionale e locale. A livello nazionale dovrebbe essere consentito anche agli studenti la possibilità di accedere al Fondo sostegno affitti, mentre dovrebbe esser disposta legislativamente l’esenzione dall’IMU. Viceversa, lo Stato ha disposto il blocco degli sfratti, non solo per le finite locazioni, ma anche per i casi di morosità per ogni categoria di immobili o di contratti di locazione: è una via per mettere in ginocchio definitivamente i proprietari immobiliari”.

Quali sfide ha di fronte a sé Assoedilizia? Ci sono motivi che incoraggiano le vostre molteplici iniziative?
“Assoedilizia rappresenta e tutela un mondo la cui mentalità si basa, quanto al profilo sociale, sui valori e sull’impegno civile, sul concetto di merito, sulla laboriosità come principio costruttivo, e, quanto al profilo economico, su dinamismo legato al lavoro ed al risparmio. Un tempo, questa parte sociale veniva tacciata, da una sinistra prevenuta, di sfruttare una “rendita parassitaria”. Ora, per fortuna non ci sono più quei toni, ma rimane una prevenzione di fondo che è difficile da sradicare.  Se quei toni accesi non si usano più è anche merito della nostra azione “culturale” che fa vedere il nostro mondo in una luce diversa, maggiormente inserito nelle dinamiche sociali ed economiche. Ma oggi, gli orizzonti sono totalmente mutati rispetto a quelli di venti, trent’anni fa. Anzi, mutano di giorno in giorno. La nostra “azione culturale”, aderente a questo ritmo storico, è dunque ad horas, cioè più che mai aderente ai mutamenti in corso”.

Quali sono le previsioni del dopo emergenza Covid 19 del mercato immobiliare? Ci sarà la tanto auspicata ripresa?
“In un mondo economico globalizzato il cui fondamento poggia sull’indebitamento reciproco e su una ricchezza monetaria di dimensioni stratosferiche, gli immobili rimangono la principale fonte di ancoraggio di questa ricchezza cartacea a beni reali. Ritengo quindi che, una volta approdati al definitivo new normal, per tutti quegli immobili che avranno mantenuto o acquisito un certo grado di funzionalità, si assisterà ad un rimbalzo significativo dei valori di mercato”.

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