La Confcommercio è in apprensione e passa al setaccio ogni legge, norma, e incentivo che il Governo sforna a favore delle imprese. Così la nota quotidiana della Confederazione informa che sono in dirittura d’arrivo: “Nuovi aiuti a chi chiude, in tempi rapidi e con meccanismi il più possibile automatici”. “La Confcommercio e Ministero dell’Economia e dello Sviluppo economico lavorano a pieno ritmo”, fa presente la Confederazione, “per chiudere, si spera entro giovedì, il ‘decreto ristori bis’, reso necessario dalla stretta che scatterà proprio dal 5 novembre quando entrerà in vigore il nuovo decreto”. L’imperativo è fare presto e, sottolinea la Confcommercio, “proprio questo sarebbe uno dei motivi per cui si è scelto di mettere sul piatto ora ‘solo’ un miliardo e mezzo, ancora disponibile in gran parte per i risparmi della Cig, senza ricorrere subito a un nuovo scostamento” .
L’esecutivo di Governo, secondo le indiscrezioni raccolte da Confcommercio, comunque, non esclude di fare nuovo deficit più avanti, se sarà necessario, e già si stanno valutando “tempi e entità” di una nuova richiesta di autorizzazione al Parlamento, che dipenderà dall’evolversi dell’epidemia e quindi dall’eventuale ingresso nelle prossime settimane di più regioni negli scenari ad alto o a massimo rischio, che comporteranno chiusure per nuovi settori, dai negozi fino a parrucchieri ed estetisti.
“La quantificazione degli interventi in questa fase è piuttosto complessa”, spiegano gli analisti di Confcommercio, “proprio per il meccanismo ‘a fisarmonica’ introdotto con il Dpcm, che prevede un monitoraggio settimanale dell’andamento dei contagi e della saturazione delle strutture sanitarie per valutare quali territori entreranno, o anche usciranno, dalle nuove ‘zone rosse’. Al momento, ma i dati devono ancora essere aggiornati, le principali candidate alla serrata totale sono Lombardia, Piemonte e Calabria. In queste tre regioni per ristoranti, bar e pizzerie, che dovranno abbassare la serranda anche a pranzo, e non solo a cena come in tutta Italia, dovrebbe essere rafforzata la percentuale di ristoro: per i bar, ad esempio, si potrebbe passare dall’attuale 150% al 200%; ma ancora il meccanismo non è definito”.
Sarà, inoltre, di nuovo l’Agenzia delle Entrate a gestire i contributi a fondo perduto, e a fare arrivare sui conti correnti degli interessati bonifici in automatico. “L’impegno”, fa sapere la Confederazione, “è quello di garantire ristori in due settimane – o entro la metà di dicembre a chi ancora deve fare domanda -, anche per i nuovi codici Ateco che saranno aggiunti alla lista degli attuai 53, ad esempio i negozi dei centri commerciali, ma anche i grandi store tra i 250 e i 2500 metri quadri e quelli ancora più grandi che saranno costretti a chiudere dei weekend”. Lo stesso si cercherà di fare anche per le categorie che al momento non si possono quantificare, come nel caso di parrucchieri ed estetisti: il numero di attività da ristorare, infatti, dipenderà da quante zone del Paese saranno riportate in sostanziale lockdown per piegare la curva dei contagi.
“A tutti i nuovi settori coinvolti saranno garantiti anche il credito d’imposta sugli affitti, la sospensione del versamento dei contributi e la cancellazione della seconda rata Imu”, sottolinea la Confcommercio, “Nell’immediato, quindi, si cercherà di coprire parte delle perdite di tutte le categorie interessate dalle misure restrittive, mentre per quelle toccate indirettamente – i fornitori della ristorazione, ad esempio, ma anche i fiorai o chi produce confetti su cui impatta la riduzione di eventi e cerimonie -, dovrebbero trovare ristoro da gennaio, quando diventerà operativo il fondo anti-Covid della manovra. In quel frangente si potrebbero anche rivedere i criteri per il calcolo dei contributi a fondo perduto – ora basati sulla differenza di fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020 -“.
Qualche nuovo codice Ateco, osserva la Confcommercio, ad esempio gli ambulanti delle sagre che non fanno parte della categoria della ristorazione) potrebbe intanto essere aggiunto via decreto ministeriale sfruttando i 50 milioni disponibili con il primo decreto ristori.