Si celebra oggi il 4 novembre, giornata che, onorando le Forze Armate rammenta la vittoria italiana della prima guerra mondiale: il conflitto duro e sanguinoso che consentì di completare l’unità nazionale, con la conquista di Trento e Triste.
Di quel conflitto, che comportò un enorme sacrificio di uomini di risorse e l’orrore di armi nuove e micidiali, come l’uso dei gas asfissianti, i primi bombardamenti aerei e l’uso di carri armati primitivi, si è purtroppo persa tanta parte della memoria: I figli e i nipoti di quei soldati sono ormai ottuagenari nei ricordi sono ormai affidati agli storici e indentificati nei monumenti dedicati ai caduti che si ritrovano nel paesaggio dei grandi e piccoli comuni.
Quest’anno la ricorrenza, ingiustamente cancellata dalle più importanti festività civili, cade in un Paese finito nella sua fisionomia civile e nella sua economia, da un morbo venuto da lontano e che, nell’attesa di un vaccino e di farmaci decisivi, viene affrontato empiricamente quasi con le stesse modalità con le quali i nostri antenati cercarono di contenere la catastrofe delle grandi pestilenze.
Verrà, quando questi giorni così difficili finiranno, anche il tempo di una necessaria riflessione collettiva su errori, scelte sbagliate e omissioni colpose, come quelle – se comprovate- denunciate su alcune reti televisive o ravvisibile ad occhio nudo, come i vuoti nella medicina di base, quella sul territorio, o gli effetti dannosi dei tagli che hanno imperversato sulle strutture e gli organici della rete ospedaliera.
C’è da rammentare quasi con nostalgia le epoche dall’unità d’Italia agli anni 80 nella quale, anche nelle località più remote operava la figura del medico condotto: indispensabile per un rapporto aperto e confidenziale con il cittadino che era spesso affiancato da presidi per la Maternità l’infanzia e la medicina del lavoro.
Purtroppo, sempre in nome di una presunta innovazione, si cancella, fino al masochismo, quello che altri governi hanno deciso in precedenza: vezzo, questo, sull’autonomi regionale che ha applicato con costanza.
Se tutto andrà bene come speriamo e facendo ammenda della liquidazione delle iniziative di revisione costituzionale costantemente fatte naufragare dal 2000 in poi, si dovrà porre seriamente mano ad una riforma di quella, sconclusionata e avventata, approvata nel 1999 e che è alla base della conclusione con la quale abbiamo affrontato la sfida del corona virus.