Gli ultimi saranno i primi? Forse. Nel frattempo assistiamo alla “peggiore battuta d’arresto (…) in una generazione”, ha affermato Carolina Sánchez-Páramo, direttore globale di Poverty and Equity Global Practice della Banca Mondiale, commentando le nuove stime dell’organizzazione internazionale che mettono in evidenza come dopo due decenni sia tornata a crescere la povertà estrema, quella per cui milioni di persone si trovano nella condizione di sopravvivere con meno di 2 dollari al giorno.
Un pericoloso passo del gambero che annulla anni di progresso e rivela uno scenario a tinte fosche per la tenuta sociale futura. Si tende, infatti, verso una sempre maggiore polarizzazione della società, come conferma la crescita delle fortune dei super ricchi, in testa i magnati delle aziende tecnologiche, che hanno visto crescere i propri patrimoni di quasi un terzo tra Aprile e Giugno di quest’anno, superando i 10 triliardi di dollari secondo dati UBS.
Gli analisti della Banca Mondiale ci dicono qualcosa in più: ai nuovi milioni di poveri che entro fine anno potrebbero raggiungere quota 115 milioni, si affiancherà una nuova classe di poveri formata essenzialmente da persone relativamente ben istruite che vivono nelle aree urbane dei paesi a medio reddito. In altri termini, nuovi strati sociali vengono progressivamente trascinati a valle nello smottamento causato dal combinato disposto di pandemia e conflitti in corso.
Insomma, questi numeri ci mettono di fronte a un divario crescente tra nord e sud sociale e un centro sempre più polverizzato, come non fosse bastato un ventennio di crisi alle spalle. Resta perciò una sola possibilità: costruire il domani. Se nelle attuali condizioni nessuno può ragionevolmente azzardare cosa potrà accadere da qui ai prossimi mesi e navigare a vista in una situazione senza precedenti sembra la sola opzione di buon senso possibile, numerose sono le voci che si sono sollevate a sostegno di una revisione del sistema capitalistico atta a incrementarne resilienza e sostenibilità al fine di favorire inclusione e assorbire futuri shock. Da qui bisogna ripartire, con determinazione e cautela.
Infatti, un simile cambio di cultura e di mentalità non può avvenire per caso o in una notte, come ci ricordano per esempio i conti mai del tutto chiusi con il pensiero post-coloniale o la mai risolta questione meridionale, tanto per citare a diverse latitudini e con diverse sfumature di grigio due tra le molte possibili espressioni di un medesimo problema, quello del social divide.
Ma non bisogna perdere la speranza. Quanto sta accadendo in questi mesi ci offre l’opportunità di riscrivere la Storia, come ha ricordato Papa Francesco nel corso del suo ultimo intervento alle Nazioni Unite qualche settimana fa. Per far si che questo accada occorre partire dalle basi, ovvero dall’uomo, al fine di attivare un circolo virtuoso basato sulla solidarietà e scongiurare il cannibalismo sociale.
Serve, in altri termini, “una nuova etica” che presupponga “l’essere consapevoli della necessità che tutti s’impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società,” senza dimenticare l’importanza di “difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti.” In altri termini, un grande reset.