Per perdere la testa bisogna averne una”
Einstein, considerato genio eccentrico, ha rappresentato in vita l’esempio di come in ogni processo creativo sia insito un pizzico di follia e di come solo chi ha davvero testa possa permettersi di correre il rischio di metterla da parte per un po’ per inseguire una visione. Nel 1509, diversi secoli prima di Albert Einstein, Erasmo da Rotterdam scrive in una settimana, l’Elogio della Follia: la Follia è figlia del Dio della ricchezza Pluto e della Giovinezza e si autocelebra come l’unica vera fonte che induce gli uomini alla felicità e alla vita stessa.
Senza la sua spinta, gli esseri umani non vedrebbero la luce e non giungerebbero alla vecchiaia poiché è la follia a dirigere le azioni di giovani e vecchi, uomini e donne, servi, re e pontefici, inducendoli ad inseguire, per tutto l’arco delle loro esistenze, ciò che è transeunte: potere, successo, ricchezza.
In tempi molto più vicini a noi, resta inciso nella memoria lo “stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs, visionario fondatore della Apple che incitava giovani studenti a voler guardare il mondo con sguardo diverso, curioso e desideroso di cambiamento.
Dunque esiste una “follia sana”, che in dosi di un granello di senape spinge l’uomo alla creatività e al cambiamento ma viviamo anche in tempi di dialettica a volte becera che, quando si trova a contrapporsi ad un avversario e non riesce ad averne ragione, lo etichetta come “malato”, “ folle”, “mentalmente insano” a voler significare che se non si riesce a ricondurlo sulle proprie volontà, desiderata e punti di vista è solo perché l’altro non è in grado di arrivarci, perso come è nella sua “malattia”.
Oltre all’evidente forma di ineducazione, qui si inserisce lo stigma, il pregiudizio sulla malattia mentale -la follia non sana- che rende l’altro diverso e perciò passibile di attacco, insulto, isolamento perché un male che non attacca un organo specifico ma la psiche e l’anima continua a far paura nonostante siano passati decenni dalla legge Basaglia.
Negli oltre 40 anni trascorsi dalla legge Basaglia, è stato compiuto un enorme sforzo di cambiamento culturale, se prima si ragionava nei termini di malattia mentale, oggi si è capovolto il concetto trattando di salute mentale e della sua tutela e promozione.
Nel 2013, il legislatore ha avviato un piano di azioni nazionale per la salute mentale, campagne per la lotta allo stigma nei confronti delle malattie mentali, istituito nel 2019 un tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale che tra le sue finalità ha di “proporre azioni operative e normative per favorire l’attuazione dei più appropriati modelli di intervento per la diagnosi, la cura e la riabilitazione psicosociale dei portatori di disagio psichico, finalizzati alla riduzione dei Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO) e volontari, la contenzione meccanica e quella farmacologica/chimica”.
Il sopraggiungere violento del Covid e dei suoi effetti perturbanti sulla psiche, ha reso ancora più importante l’impegno per la promozione della salute mentale e la Regione Campania, ai primi di agosto, ha legiferato in materia istituendo, con legge 3 agosto 2020 n.35 e senza ulteriori oneri aggiuntivi sui bilanci regionali, il servizio di Psicologia di base con “la finalità di sostenere ed integrare l’azione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nell’intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini campani”.
A rafforzare l’opera dello Stato e delle istituzioni locali, ci sono anche molte realtà private che in occasione della prossima giornata mondiale sulla salute mentale (10 ottobre), promuovono iniziative pubbliche per sostenere il diritto alla salute mentale per tutti e in ogni luogo.
È il caso della Lundbeck Italia che promuove “Insieme per la salute mentale” sostenuta da numerosi partner per creare un network di collaborazione, infatti, secondo Tiziana Mele, Managing Director della Lundbeck Italia. “È impensabile raggiungere l’obiettivo del diritto alla salute mentale senza il confronto e la collaborazione tra istituzioni, settore privato e ricerca scientifica”.
È proprio di questi giorni la notizia diffusa dal Florey, istituto australiano di neuroscienza e salute mentale, secondo cui il Covid ha anche conseguenze neurologiche ed è un fattore di rischio di contrarre il Parkinson, malattia neurodegenerativa che potrebbe rimanere una delle eredità peggiori che dovremo affrontare.
Quanta ricerca, quanto impegno saranno ancora necessari per comprendere che “folli” possiamo esserlo tutti, che anche nella malattia mentale, quando purtroppo arriva e non si riesce a guarirla ma solo ad accompagnarla nel tempo, c’è una lucidità che spinge a guardarci dentro e a scoprire che non siamo poi tanto diversi, ognuno col proprio modo di guardare il mondo.