Si terrà questo fine settimana, sabato 12 e domenica 13 settembre a Pomezia presso l’Hotel Antonella sulla via Pontina, il primo congresso nazionale del Popolo della Famiglia. I lavori avranno inizio sabato alle 14 e si concluderanno domenica pomeriggio. La prima sessione di lavori è prevista alle 16,30 di sabato. Abbiamo raggiunto il leader del Popolo della Famiglia Mario Adinolfi, direttore del quotidiano “La Croce”.
Primo congresso nazionale, che significa? Che il PdF è diventato a tutti gli effetti un partito politico?
“Si tratta dell’arrivo di un percorso iniziato quattro anni fa con l’assemblea costituente che nel marzo del 2016 ha eletto i primi dirigenti. Nello statuto era prevista l’indizione del congresso nazionale trascorsi quattro anni dalla costituente. Lo avevamo convocato inizialmente per il marzo scorso, poi l’emergenza Covid ha bloccato tutto. Ora siamo qui per definire finalmente l’ossatura di partito, primo banco di prova per la costruzione di una classe dirigente sia a livello nazionale che territoriale; classe dirigente che siamo riusciti ad individuare in ogni singola provincia italiana”.
In questi quattro anni siete stati presenti in diverse tornate elettorali. Può farci un bilancio?
“Quattro anni fa eravamo soltanto un’idea, oggi siamo un popolo che si è contato nelle urne. Abbiamo ottenuto la fiducia di 220mila elettori alle elezioni politiche del 2018 ed avuto i primi eletti nelle amministrazioni locali, sia in maggioranza che all’opposizione; ci siamo presentati in tutti gli appuntamenti elettorali, alle comunali, alle regionali, alle politiche ed alle europee, persino nelle suppletive nel collegio di Roma dove si è votato nel marzo scorso. Ci siamo strutturati anche a livello tecnico-organizzativo riuscendo a costruire una proposta che non è più soltanto un’idea, ma un progetto politico fatto di programmi e contenuti con cui chiediamo il consenso sulle schede elettorali. Ora nel congresso nazionale punteremo a fare il passo in più, il salto di qualità”.
Vi siete sempre professati un partito di cattolici ma non confessionale. E’ questa la linea che uscirà dal congresso?
“Siamo un partito di ispirazione cristiana, composto in massima parte da cattolici, ma che vanta anche la presenza di esponenti di altre confessioni cristiane e religiose che sono stati pure candidati alle elezioni. In questi quattro anni non ci è mancato nemmeno il consenso di elettori agnostici o addirittura atei. L’elemento fondativo del PdF ruota intorno all’ispirazione cristiana e il nostro documento programmatico trova certamente radici concrete nella dottrina sociale della Chiesa. Ma siamo e restiamo un partito laico aperto a tutti e non potrebbe essere diversamente visti i numeri. Pur essendo ancora piccoli nel panorama politico italiano, va detto che non c’è un Comune in Italia dove non esca almeno un voto per il PdF. Ciò dimostra che abbiamo portato una speranza nel Paese”.
Non è anche la prova che la difesa della famiglia naturale non è un tema esclusivamente cattolico? Non è più recintato nell’ambito di una fede religiosa?
“La difesa dei principi che proponiamo non è recintata. Come ha spiegato molto bene Papa Francesco non siamo dentro un recinto quando si parla di lotta all’aborto, difesa della famiglia, e tutela delle persone dalla cultura dello scarto. Francesco, che pure è il capo di una fede religiosa, ha ribadito più volte che questi non possono essere considerati temi religiosi, ma umani. Quando dichiara che abortire è come assoldare un sicario, sta dicendo un qualcosa di molto forte rivolto a tutte le coscienze, sta lanciando un messaggio universale. Quando incentra la sua pastorale contro la cultura dello scarto, ci sta insegnando che togliere la vita ad un malato non è umano prima ancora che cattolico. La proposta politica del PdF, che in questo momento trova sicuramente grande attenzione da parte dei cattolici, ha quindi concrete prospettive di crescita, uscendo dal recinto. E’ ciò che in questo congresso proveremo a fare”.
In alcune elezioni, ad esempio le regionali in Emilia Romagna e in altre realtà vi siete presentati alleati con il centrodestra. E’ questo quindi il vostro orizzonte di riferimento?
“No, in Emilia Romagna ci siamo alleati con il centrodestra con l’obiettivo di provare a battere una sinistra che ha sempre ininterrottamente governato quella Regione. A determinare la scelta è stato soprattutto un provvedimento adottato da Bonaccini, ovvero l’introduzione gratuita sulle partorienti di un esame diagnostico rivolto ad individuare nel feto la presenza dei sintomi della sindrome di down. Ovvio che quel provvedimento finanziato con soldi pubblici nascondeva una finalità eugenetica, quella cioè di incentivare le donne che in base al test potevano presentare profili di rischio ad abortire. Davanti ad un’iniziativa di tale natura, per altro fortemente propagandata da Bonaccini, abbiamo provato a costruire insieme ad altri un’alternativa per batterlo. In Piemonte ci siamo presentati invece da soli candidando un esponente del Movimento per la Vita, Walter Boero, quindi come alternativi anche al centrodestra. In queste elezioni regionali andiamo da soli in Liguria con Gaetano Russo come candidato presidente.
Qui nel Lazio i candidati sindaco del PdF sono tutti fuori dalla coalizione di centrodestra. Nelle realtà dove l’intesa si rende possibile sul piano programmatico e valoriale proviamo a costruire alleanze, così come le abbiamo costruite a livello civico ad esempio a Saronno, dove il simbolo del PdF occupa il centro insieme ai civici di “Saronno al centro’.
Non abbiamo un impianto ideologico che ci obbliga a stare nel centrodestra, ma un impianto identitario molto chiaro, un brand che ci contraddistingue e ci fa stare sul mercato politico con una forte caratterizzazione. Chi è interessato alle nostre priorità e intende farle proprie in maniera seria, sa che con noi può dialogare perché siamo un partito aperto ad intese. Se ci accorgiamo che invece c’è sottovalutazione rispetto ai nostri valori, non abbiamo difficoltà a presentarci da soli come abbiamo fatto quasi sempre. Tenga conto poi che in molti Comuni, penso alla Campania, il PdF è l’unica alternativa di centrodestra di fronte ad un’ evaporazione di Forza Italia e ad un’oggettiva difficoltà della Lega a presentare liste, al punto da aver accolto nelle nostre candidati azzurri e leghisti”.
Il 20 e 21 settembre si terrà il referendum sul taglio dei parlamentari. Qual è la vostra posizione?
“Il PdF è nettamente posizionato sul No. E’ assurdo far passare come una riforma al servizio dei cittadini un taglio senza senso della rappresentanza democratica. Se alla base della riduzione c’è unicamente una logica di risparmio, allora un domani si potrà affermare che anche 600 parlamentari sono troppi e che è meglio ridurli a 300, per poi passare a 150 e infine a 50, da riunire magari tutti intorno ad un tavolo dove a decidere saranno Grillo, Casaleggio e Di Maio. Credo che il No rappresenti il voto dell’Italia migliore, di chiunque possieda una solida cultura politica di riferimento. Guarda caso a proporre il taglio dei parlamentari sono quelli che volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno e che nei confronti della rappresentanza democratica non hanno mai mostrato il minimo rispetto”.
(Lo_Speciale)