Le “bufale” nel mondo dell’informazione sono sempre esistite, ma, alla luce della pervasività della rete, la loro diffusione è oggi aumentata esponenzialmente, mettendo a serio rischio la tenuta democratica degli Stati. La Discussione ha incontrato il Professor Ruben Razzante, docente universitario alla Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, nonché autore di numerosi saggi in tema di diritto dell’informazione il quale, sabato scorso, ha ricevuto il prestigioso “Premio Maglio 2020” alla carriera giornalistica.
Professor Razzante, partiamo proprio da questo riconoscimento ricevuto. Qual è il significato di questo premio in un momento storico dove l’informazione, soprattutto quella riguardante la salute, bene primario dei cittadini, è costantemente minacciata da tante frottole presenti in rete?
Sono orgoglioso di questo Premio alla carriera, che rappresenta per me un primo significativo coronamento di decenni di studi, ricerche, attività professionali e di docenza, sempre ispirate ai concetti di pluralismo, neutralità, imparzialità dell’informazione, che mi stanno sommamente a cuore. E sono particolarmente contento che la giuria e i promotori del prestigioso Premio Maglio abbiano pensato a me in un anno particolare per il nostro pianeta. La pandemia ha cambiato il mondo e ha rivoluzionato anche i paradigmi informativi. Il ruolo dell’informazione prodotta professionalmente è diventato ancora più decisivo per assicurare ai cittadini notizie corrette in ambito sanitario. Questa tragedia del Covid ha riportato in primo piano l’esigenza inderogabile di un’informazione medico-scientifica di qualità e al servizio dei cittadini. Non può esserci una efficace tutela del diritto alla salute senza un circuito informativo affidabile, intimamente democratico e fondato su evidenze scientifiche.
Nell’aprile scorso il Sottosegretario di Stato con delega all’Informazione e all’Editoria Andrea Martella ha ritenuto necessario ed urgente istituire un’Unità di monitoraggio per il contrasto alla diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social network, di cui lei è stato chiamato a far parte. Ci potrebbe illustrare le prime risultanze del gruppo di lavoro?
Nel documento che abbiamo elaborato nei primi due mesi di lavoro gratuito e che è stato pubblicato a giugno sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria di Palazzo Chigi, abbiamo sintetizzato le azioni che il Governo varerà per contrastare efficacemente la disinformazione sul Covid-19. Anzitutto verrà creato un unico hub per tutte le informazioni asseverate e certificate, una sorta di unico sito istituzionale nel quale far confluire le notizie fondate su evidenze scientifiche. Ci sarà anche un’unica banca dati nella quale confluiranno le varie Faq sul Covid-19. In questo modo il cittadino saprà dove andare a documentarsi per apprendere le notizie sul virus e le indicazioni pratiche su come evitare il contagio. Inoltre il Governo promuoverà alcune campagne di sensibilizzazione in tv e sui canali YouTube istituzionali come quello del Ministero della Salute. Infine, stimolerà la formazione dei comunicatori pubblici attraverso corsi a distanza, pensati proprio per facilitare il riconoscimento da parte loro delle fake news e il confezionamento di messaggi istituzionali più attendibili e fondati su evidenze scientifiche. Si tratta di iniziative volte a consolidare il nesso inscindibile tra diritto all’informazione e tutela della salute, quanto mai fondamentale in questa fase di emergenza. La nostra Task Force non è nata per censurare notizie e opinioni, ma per fornire agli utenti della Rete strumenti per navigare con maggiore consapevolezza nel web, al fine di discernere con equilibrio, oculatezza e maggiore libertà i contenuti e di riconoscere più facilmente le notizie riconducibili a fonti istituzionali e quindi fondate su evidenze scientifiche e quelle di dubbia autenticità, che necessitano di ulteriori verifiche prima di essere ulteriormente divulgate.
Professor Razzante, negli ultimi anni con il suo lavoro di docente, giornalista e giurista, lei ha dato un contributo decisivo nella battaglia contro le fake news in un’epoca dove, oltre un quarto della popolazione nazionale, reputa il web come il più importante mezzo d’informazione. Com’è cambiata l’informazione con l’avvento di Internet e quali sono le criticità delle notizie che quotidianamente appaiono sul web?
Con l’avvento di internet le tradizionali categorie del mondo dell’informazione si sono rimodulate in funzione della civiltà multimediale. È mutata l’essenza stessa del prodotto editoriale, sia perché è andata sfumando la rigida distinzione tra produttori e consumatori di informazioni, sia perché il prodotto editoriale on line è un prodotto perennemente in fieri e soggetto a modifiche costanti, in ragione del carattere aperto e interattivo della Rete. Se è vero, quindi, che c’è stata una dilatazione degli spazi di libertà d’informazione perché anche chi difficilmente aveva accesso ai circuiti informativi prima della rivoluzione multimediale ora vi accede con relativa facilità, è altrettanto innegabile che la moltiplicazione esponenziale dei contenuti informativi ha saturato gli spazi dell’attenzione e della verifica delle notizie, accrescendo i rischi di disinformazione. In Rete viaggia di tutto e senza filtri, e questo fenomeno porta a una maggiore responsabilizzazione degli utenti, chiamati ad esercitare un sano discernimento rispetto ai contenuti, che non sempre sono prodotti in modo professionale e con i dovuti approfondimenti. Il concetto di libertà d’informazione è stato messo in discussione nel recente passato anche in virtù del prorompente avvento, sul palcoscenico multimediale, dei giganti del web, multinazionali che non selezionano i contenuti in base al loro valore informativo o a criteri di notiziabilità bensì sulla base di un algoritmo, che è un parametro commerciale, legato al business, ai ricavi pubblicitari. Di qui la necessità di rendere sempre più riconoscibili nel web i contenuti prodotti professionalmente e riconducibili a editori che da anni assicurano ai cittadini notizie vagliate, documentate, ispirate al principio del contraddittorio e del pluralismo.
Da questa nostra chiacchierata appare come un’informazione confusa, destrutturata e soprattutto distorta, sta percorrendo – e, in un certo senso – conquistando tutti i canali informativi tradizionali, plasmando l’opinione pubblica e spingendo verso messaggi fuorvianti presentati come verità assolute. È possibile, a questo punto, regolare un fenomeno come quello delle fake news senza intaccare la libertà di espressione? Quali sono le armi a disposizione degli utenti per difendersi dalla disinformazione online?
Gli utenti sono chiamati a navigare con spirito critico nel web, evitando di fermarsi al primo link e coltivando l’attitudine a compiere molteplici verifiche, soprattutto risalendo alla fonte originaria di una notizia. Chi la riproduce e la amplifica, infatti, potrebbe essere mosso da interessi di parte e valorizzare solo gli elementi di quella notizia funzionali a determinati disegni commerciali o di potere. I rimedi contro la circolazione virale delle fake news devono essere giuridici, deontologici, tecnologici e culturali. Lo strumento del diritto non può da solo arginare un fenomeno che ha dimensioni devastanti e incalcolabili. Anche perché esiste una evidente difficoltà nell’individuare i reali responsabili delle fake news. Queste possono infatti essere originate sia da utenti reali che da robot, i quali sfruttano la profilazione degli utenti variamente effettuate dagli algoritmi per influenzare singoli e gruppi di utenti, profilazione che peraltro permette una previa selezione dei soggetti a cui indirizzare la notizia. Inoltre, le fake news beneficiano per la loro diffusione di una terza categoria di soggetti: gli individui che, consapevolmente o meno, le diffondono. Occorre un sano discernimento nella selezione dei contenuti in Rete per impedire di lasciarsi travolgere da messaggi non vagliati, non verificati e a volte manipolati, che finiscono per disinformare e per lasciare le persone ancora più povere di notizie attendibili.