“Le parole di Mario Draghi sono assolutamente condivisibili. Privare un giovane del proprio futuro è un atto di diseguaglianza senza precedenti. Viviamo in un mondo nel quale i figli si confronteranno con condizioni economiche e sociali peggiori rispetto ai padri, è un’involuzione preoccupante. Eppure, da parte della politica manca completamente una riflessione su quanto sta accadendo e su come tutto questo inciderà sulle prossime generazioni. Quello che noi “giovani” ci aspettiamo è di fare parte della ricostruzione, perché di questo bisogna iniziare a parlare: la ricostruzione del nostro Paese e del nostro modo di vivere”. Lo afferma Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili.
“Oggi, in tanti parlano di “giovani”, ma pochi sono quelli pronti ad ascoltarli. Ci chiediamo perché le istituzioni non ci coinvolgano seriamente, in tanti – in moltissimi settori – abbiamo dimostrato di avere le capacità per decidere del nostro futuro. Siamo “giovani” ma anche padri, madri, commercialisti, avvocati, imprenditori, studenti, dipendenti, ricercatori, professori, medici, infermieri, ingegneri, architetti, notai… Crediamo di avere delle risposte, forse non saranno tutte giuste ma almeno la politica potrebbe considerare l’ipotesi di coinvolgerci davvero. Quello che noi pretendiamo è essere parte delle decisioni, nulla di meno. Una richiesta di attenzione e ascolto che ci sembra assolutamente naturale, d’altronde siamo a contatto con le forze vive dell’Italia, con quel tessuto economico che sta cercando di resistere all’onda d’urto del Covid. Insomma, siamo pronti a fare la nostra parte, a essere finalmente protagonisti in prima linea”.