“Rimanderemo a casa chi sbarca, nessuno verrà regolarizzato. I migranti economici sappiano che non c’è alcuna possibilità di regolarizzazione per chi è giunto in Italia dopo l’8 marzo”.
Decodificato, vuol dire un paese forte che finalmente ricaccia indietro chi arriva illegalmente sulle nostre coste, perché evidentemente dal Conte-2 si è sparsa la voce che siamo il Bengodi, le coste sono un colabrodo, c’è poco controllo (una delizia per gli affari degli scafisti); una convinzione aperturista supportata, tra l’altro, da una cultura che appartiene geneticamente al Pd, un tempo un po’ meno ai grillini (l’epoca gialloverde), ma data la loro totale liquidità, ci si può aspettare di tutto, le loro parole non valgono (si pensi alle ultime dichiarazioni contrarie agli sbarchi di Di Maio).
E ancora, tornando a bomba: è vero che questi blocchi agostani dei confini, sono motivati dal Corona virus, che adesso si sta ripresentando “da fuori”, e che sempre la medesima cultura buonista, del cittadino del mondo, dell’umanitarismo stucchevole, chiama furbescamente “contagio da importazione”, per non favorire pericolose e salviniane assonanze, accostamenti politici “xenofobi”; ma almeno qualcuno a Palazzo sta riconoscendo la vacuità della categoria “migranti economici”.
Chi osa parlare così? Chi nega il culto salvifico dell’immigrazione, la tendenza a oltrepassare addirittura la stessa categoria economica, nel nome di quella alimentare e climatica? Un’ineluttabilità mistica, che le ricette liberal e radical hanno iniziato a tradurre come una risorsa per noi senza figli e con scarsa voglia di fare lavori umili?
La risposta è semplice, non l’odiato Salvini, ma la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. E ora cosa diranno i suoi alleati giallorossi?
Al momento silenzio. Lei come Minniti. Dalle parti dem nessun commento. Quindi, non è una questione di contenuti, visto che lei sostiene i medesimi concetti leghisti, ma evidentemente di chi parla.
Ciò conferma la persecuzione politica, giudiziaria, ideologica nei confronti del leader del Carroccio.
Mandato al processo, da un tormentone accusatorio che ciclicamente cambia il nome delle barche, ma è sempre uguale. Una materia, delle scelte, delle decisioni, che sono state condivise da Conte e ministri (meno male che Tria, distante dalle posizioni di Salvini, abbia avuto l’onestà intellettuale di ammetterlo), e che rischiano di far fare al Capitano la stessa fine (l’interdizione pubblica) di Berlusconi.
L’Italia non cambia mai, la sinistra quando perde alle urne o pensa di perdere, si aggrappa al non voto, alla via giudiziaria, all’antifascismo, vellicando pregiudizi, demoni scomparsi o inesistenti, unicamente per restare al potere.
(Lo_Speciale)