Per gli infermieri il 2020 è un anno per tutti difficile e per alcuni da incubo, ma per la categoria ora c’è una novità. Arriva, perché è finalmente legge dello Stato, “l’infermiere di famiglia e di comunità”. A darne notizia è Francesco Saverio Proia, già dirigente del Ministero della Salute e consulente Aran, ed è stato uno dei ‘padri’ del percorso che ha portato le professioni sanitarie a confluire nell’ordine multialbo. Proia entra nel merito della legge scandagliando tecnicamente la parte normativa e come si è giunti a questa importante novità, ricordando che nei vari passaggi si è definita la “valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare di quella infermieristica, finalizzata alla copertura dell’incremento dei bisogni di continuità dell’assistenza, di aderenza terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità” .
Ora questa innovazione, tanto attesa, anche se anticipata nelle realtà da alcune Regioni, viene messa in sicurezza dalla legificazione avvenuta tramite l’art. 1, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n.34 (recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19) convertito nella Legge 17 luglio 2020, n. 77 che prevede tra, l’altro, “…di rafforzare i servizi infermieristici, con l’introduzione altresì dell’infermiere di famiglia o di comunità, per potenziare la presa in carico sul territorio dei soggetti infettati da SARS-CoV-2 identificati come affetti da COVID-19, anche coadiuvando le Unità speciali di continuità assistenziale e i servizi offerti dalle cure primarie, nonché di tutti i soggetti di cui al comma 4…”.
Per Francesco Saverio Proia, si è di fronte ad un “Ottimo lavoro i miei complimenti a Governo, Parlamento, Regioni, FNOPI e Sindacati@, sottolinea, “che con un’eccezionale sinergia hanno raggiunto questo risultato storico, necessario ed indispensabile per la ricostruzione dei servizi e presidi sanitari e sociosanitari territoriali secondo le idee forza della legge 833/78, ovviamente contestualizzate al quadro epidemiologico e demografico attuale, idee forza disattese per troppo tempo”.
Inoltre, “Stabilito che l’infermiere di famiglia/comunità è legge di Stato sarebbe quanto mai opportuno che venissero indicate sia le sue competenze sia la sua formazione che non può che essere successiva alla laurea nonché le modalità di attribuzione dell’incarico, il suo rapporto di lavoro normativo ed economico”. Ora dopo l’iter legislativo è da portare a compimento gli altri percorsi non ultimo quello economico.
“Per questo sarebbe quanto mai opportuno, a mio giudizio”, prosegue Francesco Saverio Proia, “che le Aziende Sanitarie Locali attivino all’interno dei loro distretti sanitari incarichi professionali di infermiere di famiglia e di comunità i quali siano parte integrante del Servizio Aziendale per l’Assistenza Infermieristica, nella augurabile articolazione distrettuale; la quantificazione numerica ottimale di questi incarichi professionali da attivare nel singolo Distretto dovrebbero essere cura della Direzione Generale dell’Azienda sanitaria di riferimento insieme agli obiettivi di salute da raggiungere, perseguire e mantenere tenuto dello condizione demografica ed epidemiologica del territorio assegnato. e con gli obiettivi di salute definiti”.
Ora toccherà anche alle centrali sindacali promuovere il loro impegno nel stringere accordi che siano utili a tutti, ai pazienti, ai famigliari e naturalmente ai lavoratori. Si tratta di una riforma che non potrà essere considerata “spot” e vivere di annunci na servirà un impegno serio e duraturo.
“La contrattazione collettiva dovrebbe, quindi, disciplinare le ulteriori modalità attuative nonché il trattamento economico e normativo dell’infermiere al quale viene attribuito l’incarico professionale di infermiere di famiglia”, conclude ed auspica Proia, “incarico che per l’enorme rilevanza strategica all’interno delle politiche di salute del Paese, non potrebbe essere, a regime, uno spot di un incarico temporaneo con modalità retributive straordinarie ed anomale bensì attribuito, salvo verifica negativa, a tempo indeterminato, secondo la graduazione contrattualmente prevista, proprio per apprezzare e valorizzare la maggiore competenza professionale, frutto di un progressivo investimento scientifico, relazionale e conoscitivo da parte del professionista incaricato”.