lunedì, 21 Ottobre, 2024
Esteri

Polonia, come i media hanno raccontato le elezioni e la vittoria del perdente

Al ballottaggio di domenica per le elezioni presidenziali in Polonia, il conservatore Andrzej Duda è stato riconfermato  con il 51,21% dei voti, mentre lo sfidante, il liberale e progressista Rafal Trzaskowski, si è fermato al 48,79%.

Basta leggere i giornali di questi giorni per capire come le vittorie o le sconfitte sono tali a seconda di chi ne è protagonista. Così ecco che, secondo la vulgata mediatica dominante, Duda avrebbe “vinto male”, mentre Trzaskowski al contrario avrebbe “perso molto bene”. E naturalmente ecco scattare puntualmente l’identikit dell’elettore tipo di entrambi gli schieramenti, per dimostrare come non sempre la maggioranza stia dalla parte giusta e sappia davvero scegliere con intelligenza.

Infatti il riconfermato presidente viene dato vincente grazie al consenso ottenuto nelle “zone rurali” diversamente dallo sfidante che invece avrebbe fatto il pieno di consensi nelle metropoli. E naturalmente dove stanno gli elettori colti, istruiti, culturalmente capaci di intendere e di volere e quindi di votare dalla “parte giusta”? Nelle grandi città ovviamente, e non nelle campagne dove regna l’ignoranza.

L’analisi del voto è un elogio all’europeismo di Trzaskowski contro il bieco sovranismo di Duda, e la fotografia diffusa dal circuito mainstream è quella di un Paese spaccato in due dove c’è però tanta voglia di Europa, indipendentemente dal fatto che a vincere sia stato il candidato anti-europeista. La teoria del becchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, che può essere visto in un modo o nell’altro a seconda delle convenienze.

Dunque è Trzaskowski il vincitore, non Duda che a detta dei media comunque avrebbe vinto di misura, quasi per il rotto della cuffia. E alla fine la vera novità è lo straordinario recupero del perdente, non la riconferma del vincitore.

Il quale ha la colpa di essere cattolico, conservatore, di credere nella famiglia naturale e di adottare politiche rivolte ad incentivare la natalità e a punire l’aborto se praticato al di fuori di casi eccezionali. Ha poi definito l’ideologia gender più pericolosa del comunismo che in Polonia è come evocare il demonio e non vuole equiparare le coppie Lgbt alla famiglia fondata sul matrimonio. Ed è contrario alle ingerenze dell’Unione europea negli affari interni dello Stato. Diversamente dal suo sfidante liberale ed europeista ma soprattutto aperto e sensibile sul tema dei diritti civili. 

Alla fine insomma la vera Polonia, quella che conta, è quella minoritaria, non quella che ha voluto riconfermare il presidente uscente. E” la Polonia in rimonta, la Polonia che sposa i diritti Lgbt, che vuole aprire le porte ai migranti, che rifiuta il sovranismo. La Polonia sconfitta non dalle idee maggioritarie dell’anti politically correct, ma da brogli elettorali (quelli non mancano mai) e dalla disinformazione di un sistema mediatico interno schierato a sostegno di Duda (eh già, i media non allineati al mainstream internazionale diffondono solo fake news).

E fa una certa impressione notare come certa narrazione anti-Duda sia operata anche da parte di alcuni media cattolici, molto più preoccupati del fatto che la Polonia resti distante dall’Europa e non sia abbastanza aperta e solidale con gli extracomunitari, piuttosto che soddisfatti della vittoria di un politico impegnato a 360 gradi nella difesa dei temi etici. E stupisce che anche fra i cattolici c’è chi abbia preferito guardare l’altra faccia del bicchiere, ovvero la teoria della vittoria del perdente. 

(Lo_Speciale)

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