Da quando è cominciata l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione del COVID-19, i professionisti sanitari sono impegnati in prima linea a fronteggiare l’epidemia, esposti al rischio di infezione e a un sovraccarico emotivo: carenza di adeguati dispositivi di protezione individuale, turni di lavoro incalzanti, fatica fisica, riduzione delle risorse umane e in alcuni casi precarietà organizzativa. A questo si aggiungono situazioni determinate dalla forte pressione a cui è sottoposto il servizio sanitario, che possono contribuire ad appesantire ulteriormente il vissuto emotivo dei professionisti: trovarsi a fronteggiare condizioni critiche che richiederebbero maggiore esperienza; l’invito a continuare a lavorare anche se si è stati a contatto con pazienti affetti da Covid-19 con il timore del contagio.
LE DOMANDE
Come, e soprattutto quando, si possono reperire i fondi per aiutare e restituire dignità ai lavoratori che hanno lavorato durante il Covid-19?
La fase è drammatica; oggi non sanno dove, come, e quando dare questi soldi.
Nonostante ci sia stata gente che si sia ammalata, che comunque ha rispettato i turni caricandosi di lavoro in più mettendosi al servizio dei pazienti, questi lavoratori sono stati lasciati soli dalle Istituzioni.
La Uil ma anche la Cgil nell’ambito della Regione Lazio, hanno fatto ripetutamente domande d’interventi a tutela della salute, a tutela dei rischi dei lavoratori che in parte non sono stati rispettati, ma neanche riconosciuti dal lato economico, fino ad oggi. Ma nessuno, nonostante l’insistenza dei Segretari, è stato neanche ringraziato del lavoro e dei sacrifici fatti anche a costo di rimetterci in salute.
I NUMERI
L’elenco dei medici uccisi dal Covid-19 in Italia continua ad allungarsi: il bilancio aggiornato è salito a 172 vittime. A stilarlo è la Federazione nazionale Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo).
Gli operatori sanitari sono stati la categoria professionale più esposta al Covid. Tra medici, infermieri e altre professioni sanitarie, sono quasi 30.000 quelli che sono stati contagiati dal Coronavirus in Italia, pari al 12% dei casi totali dall’inizio dell’epidemia. Pur avendo pagato in prima persona e in alcuni casi con la vita, però, molti di loro risultano ora esclusi dai risarcimenti assicurativi per i danni subiti.
Fino al 30 giugno risultavano contagiati 29.476 operatori sanitari, pari al 12,3% dei 240.578 casi totali in Italia. Una percentuale altissima e in crescita: se si guarda solo ai mesi di maggio e giugno, infatti sono stati identificati 7.600 positivi al Sars-Cov-2, che corrispondono al 26,5% dei 28.640 nuovi positivi per lo stesso periodo. Tra i sanitari contagiati, il 47% sono infermieri e ostetrici, il 22% medici (prevalentemente ospedalieri) mentre il resto svolge altre professioni.
La stragrande maggioranza si concentra in Lombardia seguita da Emilia-Romagna e Veneto. Molti dei medici uccisi dal virus, inoltre non hanno diritto al risarcimento d’infortunio sul lavoro in caso di contagio da Covid 19. “L’Inail deve ammettere che in questi mesi i medici di famiglia hanno subìto veri e propri infortuni sul lavoro a causa del contagio trasmesso dai loro pazienti”, commenta il segretario del Sindacato Medici Italiani (Smi) Pina Ontori, e “il riconoscimento dell’infortunio deve essere previsto anche dalle assicurazioni private, che al pari dell’istituto pubblico, non presumono questa copertura”.
LE PIAZZE E LE PROTESTE
In tutta Italia medici e infermieri sono scesi in piazza per far sentire la propria voce e chiedere maggiore considerazione al governo. La richiesta da Trento in giù è quella di avere una sorta di “premio Covid” ossia dai 40 ai 130 euro in base al tipo di assistenza diretta o indiretta ai pazienti contagiati. Il problema è che resterebbero fuori i lavoratori della sanità pubblica e privata che in questi mesi si sono ammalati e anche tutti quelli che hanno continuato a garantire lo stato di salute ai cittadini in Regioni che non prevedono questo strumento o i cui amministratori non sono d’accordo.
Ricordiamo tra l’altro che gli infermieri italiani sono quelli pagati di meno in Europa! Proprio per questo una seconda richiesta emersa è quella di stipendi adeguati al livello di quelli europei.
Migliore retribuzione d’altronde significa migliori condizioni di lavoro.
Sul piatto poi anche il rinnovo del contratto nazionale, più risorse per la Sanità per permettere le assunzioni necessarie a compensare i tagli degli anni passati, e procedere a una contrattazione separata.
E non parliamo della grave situazione di difficoltà e di stress psicofisico che hanno subito questi operatori. Si dovrebbe aprire un altro capitolo.
DATI TECNICI FPL ROMA LAZIO – COSA DICONO
A Lo Speciale parla Luciano Bruno, Responsabile aziendale del Gruppo FPL Roma Lazio, Ospedale S. Pietro.
Per Bruno molti ospedali italiani si proposero fin dall’inizio come Ospedale Covid -19 allestendo nuovi reparti in pochi giorni come da richiesta della ASL. Dall’inizio c’è stato entusiasmo, poi ci sono stati medici e infermieri che si sono ammalati, e nella speranza di essere risarciti sono andati avanti così. Non c’è stato nessun risarcimento in nessuna forma.
“Noi di Uil-Fpl Roma Lazio- ha spiegato – siamo fiduciosi, anche se sono state fatte troppe promesse e illusioni fatti ai lavoratori stessi della Sanità sia essi tecnici, infermieri e medici di tutt’Italia, ma l’errore principale ed imperdonabile è stato aver illuso la popolazione comune: tabaccai, meccanici, panettieri e via dicendo, che in televisione ascoltavano le notizie di finta risoluzione dei problemi con miliardi volanti, con la cassa integrazione che ancora da marzo è a “caro amico”, ma per assurdo esistono bonus flipper, bonus trombetta, bonus monopoli, e le grandi e altre geniali invenzioni”.
(Lo_Speciale)