“Per ritornare a sviluppo, occupazione e utili, sono necessarie riforme fiscali, del lavoro con sgravi e meno tasse. Bisogna valorizzare l’impegno degli artigiani. E diciamo basta ai fondi inutili e improduttivi”.Uno scenario da brivido per l’economia, ma anche e soprattutto per gli imprevisti che domineranno i prossimi mesi. L’autunno sarà cruciale e per molte piccole imprese, che rappresentano il 95 % del tessuto produttivo nazionale, i pericoli saranno esponenziali. Di ciò che potrebbe accadere e come sarà possibile parare i colpi della crisi, ne parliamo con il Presidente Andrea Rotondo, della Confartigianato Roma
Presidente lei sollecita un piano eccezionale per ricostruire il Paese. Quali sono i punti essenziali di questo progetto che non solo è necessario ma anche drammaticamente urgente?
“Covid-19 ha messo nudo tutte le debolezze strutturali del nostro sistema socio-economico e finanziario rispetto ad altri Paesi. Dopo la Grecia, l’Italia è quello che avrà la situazione peggiore tra tutti gli europei, con Pil in diminuzione del 9,5%, rapporto deficit/Pil pari al’11,1% e debito pubblico/Pil al 158,9%.
Gli interventi nei vari Paesi si sono articolati in tre forme: a) stimoli fiscali immediati (come l’helicopter money), b) differimenti fiscali (come la sospensione delle imposte), c) garanzie e altre forme di liquidità. In Germania, le tre forme incidono sul Pil rispettivamente per il 10,1%, il 14,6% e il 27,2%, mentre in Italia, anche per limiti strutturali, per lo 0,9%, il 13,2% e il 29,8 per cento. Per il sistema delle garanzie si fa riferimento al monte di risorse che è possibile mobilitare, usando la leva pubblica e favorendo gli investimenti (crediti) privati (bancari). Sugli stimoli fiscali immediati, Paesi più simili al nostro hanno stanziato più di noi come la Francia (2,4% del Pil), il Portogallo (2,5%), la Spagna (1,1%). Il pacchetto di misure, insieme alla riapertura delle attività produttive, va nella direzione del sostegno all’offerta. Come dare invece propulsione alla domanda? Guardare alla domanda estera è illusorio, salvo che per alcuni comparti molto specializzati. Secondo le stime della World Trade Organization, i flussi commerciali globali nel 2020 si contrarranno in una misura compresa fra il 14,5% e il 34,5 per cento.
Bisogna quindi guardare alla domanda interna, i consumi dei cittadini, che pur rappresentando il 60% del Pil non sono mai stati al centro del nostro modello di crescita, storicamente orientato alla competitività sui mercati esteri ottenuta, talvolta, sacrificando la capacità di spesa domestica e i salari: nell’ultimo ventennio il salario reale medio in Francia è cresciuto del 20,4%, in Germania del 13,6%, in Italia di un 1,5 per cento.
Cosa a suo giudizio bisogna cambiare?
“Occorre ripensare in modo sistemico le politiche di sostegno ai redditi delle famiglie, rivedendo alcuni dei provvedimenti del recente passato come Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Abbiamo dei Navigator pagati per cercare un lavoro che non c’è. Nel 2008 l’uscita dalla crisi è passata attraverso l’austerità. Oggi dobbiamo pensare a riforme sistemiche: un adeguamento dei redditi da lavoro, una forte incentivazione agli imprenditori a investire (ampio uso della leva fiscale), lotta al nero e alle frodi, investimenti in ricerca e sviluppo ed educazione, semplificazione burocratica e amministrativa del Paese basata sul rilancio del merito e della competenza. Dobbiamo investire massicciamente nella sanità, nell’istruzione e nel digitale”.
Al Governo avete chiesto incentivi, tagli di tasse e di burocrazia. Per Confartigianato quali sono le priorità?
“Durante il periodo più critico del lockdown, sono stati elaborati e concertati con le istituzioni diversi interventi. Abbiamo chiesto fin da subito che l’Intervento di ristoro a fondo perduto per le microimprese venisse modulato in funzione della quota di fatturato perso e non in un importo uguale per tutti. Lo spostamento delle scadenze fiscali almeno alla fine di settembre con una lunga rateizzazione a 12 mesi. La flessibilità per le perdite di bilancio 2020 con la possibilità di incrementare la percentuale di perdita oltre all’introduzione del “carry back” per la loro compensazione con l’anno precedente e lo stop dello split payment con cui lo Stato trattiene l’Iva togliendo liquidità alle imprese.
Analogamente è stata richiesta la compensazione diretta e universale per debiti e crediti, (compensazione diretta e universale tra i debiti (fiscali e contributivi) e i crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione”
Cosa comporterebbe questa compressione fiscale, in altri versi quali sarebbero i benefici?
“La sua applicazione consentirebbe in un anno di estinguere oltre la metà (53,5%) del debito della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, portandoci in linea con l’Europa), la sospensione del codice degli appalti preferendo il mantenimento di quello europeo, per finire con la richiesta di favorire l’assegnazione diretta per i lavori pubblici il cui importo arriva fino a 150mila euro”.
Lei ha detto che “L’Italia ha un futuro nella misura in cui, si è convinti e coesi”, questo suo appello è rivolto solo alla politica o più in generale alle Associazioni di categoria, e alle forze produttive del Paese?
“La Bce ha varato un programma di forti acquisti di titoli di Stato. In pro-quota i titoli italiani dovrebbero rappresentare il 17% degli acquisti totali, la Bce ne ha comprati per oltre il 40 per cento. Recentemente il programma è stato quasi raddoppiato da 750 a 1.350 miliardi.
Commissione e Consiglio europeo hanno messo in campo 540 miliardi di euro con il Mes, la Bei e il Fondo per la disoccupazione. Altri 750 miliardi (500 a fondo perduto e 250 di prestiti) dovrebbero provenire dal Recovery Fund”.
Quali fondi potrebbero arrivare all’Italia?
“Di questi fondi europei all’Italia potrebbero arrivare circa 250 miliardi: 80 da Mes, Bei e Fondo disoccupazione e 170 dal Recovery Fund, circa 100 dei quali a fondo perduto.
L’Italia ha fatto tre decreti: il Cura Italia per 25 miliardi, il decreto liquidità sbandierato per 400 miliardi, il decreto Rilancio per 55 miliardi. Sommando i tre decreti, l’Italia ha messo in campo risorse per un totale di circa 80 miliardi, “un terzo” dei 250 miliardi che potranno arrivare dall’Europa, oltre agli acquisti Bce dei nostri titoli di Stato”.
Quali saranno allora i benefici per il nostro Paese?
“L’Italia potrà avere le risorse europee solo a fronte di riforme strutturali. E’ qui che politica, Associazioni di categoria e forze produttive del Paese devono rinnovarsi in una nuova interdependenza.
Responsabilità politica significa agire sui fattori della produzione che impattano sulle attività economiche. La prossima legge di bilancio per il 2021 dovrà poggiare su una profonda ristrutturazione delle spese e delle entrate pubbliche. Tagli agli sprechi, agevolazione fiscali e lotta all’evasione dovranno fornire le risorse per una riforma fiscale strutturale che sgravi famiglie e imprese per diversi miliardi di euro”.
I soldi serviranno per mettere in campo delle riforme. A suo parere quali sono le cose da fare, quelle che hanno una priorità?
“Per poi arrivare alle riforme strutturali: sanità (medici, infermieri, presidi territoriali e meno sprechi negli acquisti e nelle forniture), giustizia civile e penale (riforma del Csm e separazione delle carriere), pubblica amministrazione (autocertificazioni e silenzio-assenso), scuola-università (messa a norma di tutti gli edifici scolastici e assunzioni e carriere per meriti verificabili), piano per il riassetto idrogeologico e le infrastrutture (ferroviarie, stradali, portuali, aereoportuali), ricerca e innovazione tecnologica con al centro la riconversione ambientale. In pochi anni potremmo avere una ripresa della crescita tra il 2 e il 3%, disoccupazione in riduzione, conti pubblici in ordine e debito sostenibile”.
Quale sarà il ruolo delle piccole imprese nel territorio. Sono oggi portatrici di lavori, sviluppo e innovazioni. Quali i punti di forza di Confartigianato?
“Iniziamo dal contesto allargato. In italia le microimprese rappresentano il 95% del totale e occupano quasi il 50% degli addetti totali. Le imprese sono spesso familiari, senza struttura manageriale, con aperture e chiusure molto frequenti. Fanno grande ricorso all’indebitamento bancario, sottocapitalizzate, con difficoltà a rivolgersi ad investitori istituzionali diversi come private equity, venture capital o altri partners industriali. Si ricorre alle risorse personali e all’indebitamento bancario a breve termine”
Come è cambiato il panorama delle piccole e medie imprese?
“Negli ultimi 15 anni, internazionalizzazione, allargamento dei mercati, progresso tecnologico e concorrenza hanno minato il modo italiano di fare impresa. Inoltre soffriamo la stagnazione del PIL. Le nostre imprese rimangono di piccola dimensione anche per: Reddito procapite – potere di acquisto- capacità di comprare al netto dell’inflazione. Abbiamo lo stesso reddito di 20 anni fa. In sintesi quali problemi abbiamo? Debito pubblico, Criminalità organizzata, Evasione fiscale, Corruzione, Burocrazia, Lentezza giustizia, Crollo demografico, Divario tra nord e sud. I valori storici di Confartigianato non devono perdere il loro peso per effetto delle disfunzioni e le trasformazioni dell’economia e della società alle quali l’organizzazione si deve adeguare. I cambiamenti necessari del sistema vanno trasformati in punti di forza.
Il “valore artigiano” deve costituire l’orizzonte di senso dell’associazionismo attuale, nell’ottica di un ampliamento della base di rappresentanza. Ne deriva la necessità di promuovere una riforma della legge sull’artigianato che sia orientata al modello tedesco, superando in modo radicale qualsiasi delimitazione dimensionale, settoriale e professionale. La definizione di cosa sia o non sia artigianato deve avere come unico riferimento le modalità di produzione e organizzazione di qualsiasi attività economica in grado di dare valore distintivo (ovvero: “valore artigiano”) alle realizzazioni del lavoro umano”.
Lei dottor Andrea Rotondo è nel vertice di una grande associazione come la Confartigianato, cosa ha in cantiere la sua Confederazione?
“Confartigianato deve essere anche in grado di cogliere l’opportunità presentata dal rinnovato emergere delle professioni, in modo da farsi associazione anche di quelle figure professionali, soprattutto quelle di nuova generazione, oggi alla ricerca di status e di riconoscimento. Deve riqualificare e ampliare i servizi associativi, per corrispondere alle necessità e alla creazione di valore dell’intero mondo dell’impresa.
La complessità del contesto ci chiama ad una più adeguata articolazione della rappresentanza (e dei servizi connessi), che integri quella su base territoriale e categoriale contemplando anche reti e filiere, oggi sempre più decisive.
Va rivista la numerosità dell’attuale architettura contrattuale, nella prospettiva di un unico contratto delle piccole imprese con due baricentri: nazionale e territoriale (regionale). Al nazionale la cornice ed i principi, al regionale la coerenza con le dinamiche del territorio (e delle filiere).
La bilateralità artigiana deve essere espressione della originalità dell’impresa artigiana e delle relazioni che al suo interno si vivono, evitando di tradursi in una sovrastruttura.
L’accesso al capitale si sostanzia ancora come “accesso al credito”, con la conseguenza di alimentare solamente il credito bancario,; ma l’esperienza di questi anni di crisi ci ha certificato che questo canale è totalmente etero diretto. Occorre invece integrare questo canale creando per le piccole e medie imprese un mercato dei capitali a cui accedere con modalità innovative (es. venture capital, private equity)”.
Lei è responsabile della Confartigianato Roma, può dirci nel merito le iniziative che state progettando?
“Nello specifico, Confartigianato Roma si sta trasformando in un player di sviluppo locale, che conta su un supporto di sistema, ai vari livelli, altrettanto qualificato negli strumenti, negli indirizzi, nelle risorse”.