Il ciclone del Coronavirus ha provocato vari danni, non solo all’economia ma allo stesso sistema sanitario che, per far fronte all’emergenza, ha dovuto ulteriormente tagliare ricoveri e prestazioni, con un prezzo umano che continuano a pagare la gran parte degli italiani che hanno avuto o hanno la sventura di ammalarsi di patologie diverse dalla pandemia.
Secondo uno studio del Centro di Ricerca in economia della Sanità dell’Università Cattaneo sono saltati 12 milioni e mezzo di esami diagnostici, oltre 20 milioni di analisi del sangue, quasi 14 milioni di visite specialistiche e più di un milione di ricoveri.
Né le previsioni per il futuro prossimo sono confortanti.
In particolare per le visite cardiologiche si prevede una riduzione del 17,8%, le dermatologiche al 3,2 o 2%, le oculistiche al 23%, le ortopediche al 32%.
Si ritiene che gli esami diagnostici si riducono del 37%, mentre dovrebbe essere garantita, ma finora ci sono stati problemi, la certezza della cura per le patologie oncologiche.
Per le liste di attesa, tormento e angoscia per tanti cittadini, dovremmo ulteriormente allungare i tempi fra i 3 e i 4 mesi, al pari di quelle per gli esami radiologici.
Tempi quasi infiniti per chi è malato, ma dovuti anche al permanere delle cautele e delle innovazioni organizzative legate alla pandemia, che ha portato quasi al livello di rottura un sistema sul quale avevano infierito tagli e ridimensionamenti.
C’è un solo modo, ad oggi, per correggere questi scenari ed è quello dei fondi europei del MES, oggi disponibili per il settore sanitario ma snobbati finora per pregiudizi pseudo ideologici.
Sono soldi che potrebbero essere messi subito in campo per impedire un ulteriore indebolimento del settore sanitario che però va anche profondamente riformato, sottraendolo alla lottizzazione politica e ristabilendo un potere cogente dello Stato.