Della vicenda della famiglia che ha scelto di vivere in un bosco dell’Abruzzo con i tre figli, secondo una filosofia improntata all’immersione nella natura e alla rinuncia dei normali supporti tecnologici ed educativi che la società mette a disposizione (o impone…), colpisce soprattutto una aspetto legato alla giustizia. Tema caldissimo, in vista del referendum confermativo della riforma costituzionale firmata da Nordio, e che ogni giorno offre spunti di riflessione.
Nel caso della famiglia del “bosco” la macchina delle “tutele” per i minori si è mossa con una rapidità straordinaria, portando via alla famiglia i figli alle prime notizie di un possibile stile di vita incompatibile con la loro salute e con la loro formazione. I pm, gli assistenti sociali, le forze dell’ordine, si sono attivati immediatamente per “fare giustizia” di ciò che è stato considerato inaccettabile e dannoso per dei minorenni, per riportarli – si è detto – in un alveo di “protezione”.
Non si capisce perché in altre situazioni, invece, ben più gravi, il tema della velocità di intervento non sia considerato prioritario, tantomeno quello dell’accertamento dei fatti e dei possibili danni a carico di bambini innocenti. Mi riferisco, in particolare, al caso del ragazzo autistico ospitato in un centro di riabilitazione nel comasco, Villa Santa Maria, che evidenzia un’altra dimensione dei ritardi incomprensibili nell’accertamento della verità rispetto a quanto avvenuto nel caso dei bambini nel bosco. Qui la famiglia ha denunciato presunti maltrattamenti, documentando ecchimosi e lesioni già dal 2020, ma si è ancora lontanissimi dall’accertamento del verità e solo nell’estate scorsa ben 14 operatori della stessa struttura hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagini per altri presunti maltrattamenti. Ricordiamo i fatti già riportati su queste pagine ed oggetto di ben tre interrogazioni parlamentari al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati e di altro atto ispettivo presso la Regione Lombardia: il ragazzo, che chiameremo Francesco, affetto da spettro acustico, è stato ospitato in regime residenziale presso l’Istituto “Villa Santa Maria” a Tavernerio (Como); nel corso del periodo di ospitalità i genitori rilevano al rientro periodico in famiglia che il ragazzo presenta sul proprio corpo ecchimosi, graffiature, morsicature e tumefazioni, tutte documentate e filmate e fatte presenti ai responsabili della struttura; il 10 novembre 2021, Francesco era stato trasportato in ambulanza presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Erba dove veniva diagnosticata frattura al braccio, nello specifico dell’omero destro. Da quel momento parte la denuncia anche per altri episodi. Da allora si aspetta ancora giustizia e la verità è ancora da accertare perché si è arrivati a contestare che le lesioni fossero frutto di maltrattamenti nonostante la copiosa documentazione fotografica prodotta dall’Avv. Piero Porciani che assiste la famiglia del bambino. Infatti il Procuratore della Repubblica, Dottor Massimo Astori per ben due volte ha chiesto l’archiviazione delle denunce non dovendosi procedere nei confronti dei responsabili di Villa Santa Maria. Ma è più strano, se non più grave, che lo stesso Procuratore ha rinviato a giudizio i 14 (diconsi quattordici) operatori di Villa Santa Maria per reati di vari maltrattamenti nei confronti di numerosi minori ospiti. Eppure le indagini che sono alla base del rinvio a giudizio dei 14 operatori si sono svolte proprio nello stesso periodo di tempo di quelle che hanno portato invece all’archiviazione del procedimento relativo al piccolo Francesco. Eppure nello stesso periodo di tempo di indagini la famiglia ha “inondato” l’Istituto Villa Santa Maria di comunicazioni e foto che documentavano i danni fisici e psichici subiti dal loro bambino.
Pertanto non si comprende come l’Istituto possa dichiarare anche a mezzo stampa di non essere a conoscenza di quanto avveniva al proprio interno.
Peraltro pare non si sia fatto alcun accertamento circa l’omissione – grave – di comunicazioni alle autorità di polizia da parte dell’Ospedale di Erba che aveva constatato la frattura del braccio di Francesco e che aveva provveduto al successivo intervento chirurgico.
Come si vede, rispetto al caso dei bambini nel bosco, dove l’intervento giudiziario è stato veloce e deciso per tutelare i minori – si dice -, su questa vicenda la risposta della magistratura appare estremamente lenta e con molte incertezze, eppure sono sotto accusa ambienti di cura e protezione. Questa discrepanza tra la rapidità di azione giudiziaria nel caso dei bambini nel bosco e la lentezza, la estrema lentezza nel riconoscimento di maltrattamenti su persone vulnerabili in strutture pubbliche pone questioni importanti sul funzionamento e l’efficacia del sistema giudiziario nel tutelare i minori e le persone fragili, evidenziando come la verità e la giustizia non coincidano sempre con una tempestiva azione giudiziaria coerente e completa.



