Il mercato del lavoro continua a mostrare segnali di tenuta e di crescita, ma dietro i dati positivi si nasconde una criticità sempre più evidente: la carenza di personale qualificato, in particolare nel commercio, nel turismo e nei servizi. È quanto sottolinea Confesercenti commentando i dati Istat relativi al terzo trimestre dell’anno.
Manodopera qualificata assente
Le rilevazioni confermano un andamento occupazionale favorevole, con una crescita delle ore lavorate pari allo 0,7% su base trimestrale e al 2% su base annua. La domanda di lavoro continua a crescere a ritmi superiori rispetto al PIL, senza segnali di rallentamento. Tuttavia, questa dinamica si scontra con una disponibilità sempre più ridotta di manodopera inutilizzata, come dimostra il tasso di disoccupazione ormai stabilizzato intorno al 6%.
Emergenza strutturale
Un quadro che evidenzia un progressivo disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. In molte aree del Paese, infatti, la “riserva” di lavoratori disponibili risulta ormai esaurita, con forti differenze territoriali. Una situazione che per le imprese del terziario e del turismo assume i contorni di un’emergenza strutturale.
La crisi del personale
Nei prossimi anni saranno quasi 4 milioni le posizioni lavorative richieste, ma le aziende faticano a reperire candidati in possesso delle competenze necessarie. Le federazioni dei pubblici esercizi e della ricettività denunciano da tempo una carenza cronica di personale, che rischia di innescare una spirale negativa per il mondo del lavoro.
Un limite alla crescita
Nei settori ad alta intensità di relazione – come commercio, ristorazione e ospitalità – la mancanza di addetti qualificati non rappresenta più solo un problema di organico, ma un limite strutturale alla crescita. Un freno diretto alla competitività che si traduce in un costo implicito elevatissimo: in termini di minore valore aggiunto, la perdita è stimata in decine di miliardi di euro.
In difficoltà le imprese
Alla base del problema, per la Confesercenti , non c’è soltanto il calo demografico, ma anche una profonda inadeguatezza del sistema formativo. Scuola e formazione professionale faticano a dialogare con il mondo delle imprese e a rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro trasformato dalla doppia transizione digitale ed ecologica. Fattori che, insieme all’inflazione e a un sistema contrattuale sempre più esposto al dumping, rischiano di comprimere il valore del lavoro, penalizzando sia i lavoratori sia le imprese.



