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Migrantes: “Nel 2024 sfollati a 123,2 milioni. Domande d’asilo giù in Europa, ma Italia a +16%”

Il rapporto ‘Le speranze recluse’ fotografa 117,3 milioni di persone in fuga nei primi mesi del 2025, 913mila richieste in meno nell’Ue, 159mila istanze nel nostro Paese, 59mila arrivi via mare e 1.300 vittime sulle rotte
mercoledì, 10 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

Il nuovo ‘Rapporto Asilo’ della Fondazione Migrantes, presentato ieri a Roma con il titolo ‘Le speranze recluse’, ha restituito un quadro globale in cui lo sradicamento forzato resta su livelli senza precedenti. Alla fine del 2024 i rifugiati e gli sfollati nel mondo hanno raggiunto quota 123,2 milioni, pari a circa un abitante della Terra ogni 67. Si tratta del livello più alto mai registrato, con un incremento del 6% nell’arco di un anno. Nei primi mesi del 2025 si osserva una leggera diminuzione (117,3 milioni) dovuta soprattutto ai ‘ritorni’ verso Paesi come Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Siria, rientri spesso avvenuti in contesti tutt’altro che sicuri. Dal rapporto emerge anche un altro dato significativo: nel 2024, per la prima volta da anni, le richieste d’asilo nell’Unione europea hanno segnato un calo, con 913 mila domande in meno rispetto all’anno precedente. Una dinamica che riguarda anche i minori stranieri non accompagnati, scesi sotto le 34.600 unità (–20% sul 2023) e ulteriormente diminuiti nel primo semestre 2025 (–35%). La Siria è tornata a essere il principale Paese di provenienza di questi ragazzi, superando l’Afghanistan.

Italia in controtendenza

In questo scenario generale di flessione l’Italia segue un percorso diverso. Nel 2024 ha registrato il numero più alto di richieste d’asilo della sua storia recente: circa 159mila, con un incremento del 16%. Anche nei primi mesi del 2025 la dinamica rimane sostenuta. Gli sbarchi via mare hanno confermato la tendenza: tra gennaio e ottobre 2025 sono arrivate 59 mila persone, il 7% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il Bangladesh rimane il Paese di origine più rappresentato, con quasi 18 mila arrivi.

Nonostante l’aumento delle domande, il tasso di riconoscimento della protezione rimane contenuto. Nel 2024 le Commissioni territoriali hanno respinto il 64% delle domande, una quota superiore alla media Ue (51%). Nel primo semestre 2025, la percentuale di dinieghi è salita ulteriormente fino al 69,5%, mentre le decisioni positive in prima istanza rappresentano solo un terzo del totale. Secondo i dati Migrantes in Italia sono oggi 484mila i cittadini non Ue titolari di un permesso per motivi di protezione o asilo, pari a meno dell’1% della popolazione residente. Il nostro Paese resta dunque molto distante, in termini assoluti, da Germania, Polonia, Francia, Regno Unito e Spagna.

Le rotte migratorie

Il ‘Rapporto’ ha rilevato una diminuzione del 21% degli ingressi irregolari nell’Ue allargata nei primi otto mesi del 2025. Ha fatto eccezione la rotta del Mediterraneo occidentale verso la Spagna, in aumento del 22%. Il Mediterraneo centrale si è confermato l’itinerario più pericoloso: a fine settembre 2025 si sono contate almeno 1.300 persone morte o disperse, di cui 885 lungo la rotta che porta verso l’Italia. Il rischio di perdere la vita è stimato in un caso ogni 58 arrivi.

Migrantes ha messo in relazione questo quadro con le cause profonde delle migrazioni: conflitti armati, persecuzioni, violazioni dei diritti, fame, scarsità d’acqua, crisi ambientali e crescita degli autoritarismi. Oggi, ricorda il Rapporto, il 70% della popolazione mondiale vive sotto regimi non pienamente democratici. “Di fronte al rischio che le crisi diventino “normalizzate”, il riconoscimento dell’umanità di chi fugge resta un fondamento imprescindibile di ogni democrazia”, scrivono le curatrici Chiara Marchetti e Mariacristina Molfetta, che indicano nel diritto internazionale, nella diplomazia e nella ricerca del bene comune gli strumenti da riportare al centro del dibattito.

Il ‘modello Albania’

Il ‘Rapporto’ ha dedicato un focus critico al cosiddetto Modello Albania, definito “ai margini della democrazia”. Secondo Migrantes il progetto rappresenta “un laboratorio di esternalizzazione del controllo”, nel quale l’opacità, dovuta all’esclusione di società civile e media, diventa parte integrante del dispositivo politico. Nonostante l’intento dichiarato di velocizzare i rimpatri, il modello produrrebbe soprattutto un effetto simbolico e disciplinare. Sulla stessa linea Mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Commissione Cei per le Migrazioni, che ha invitato alla cautela: l’accordo dell’Ue sui rimpatri e sulla lista dei Paesi sicuri, ha detto, non sancisce in alcun modo la piena legittimazione dei centri previsti dall’intesa con Tirana. Il nuovo regolamento, ha spiegato, “riduce sensibilmente il numero dei Paesi considerati sicuri” e ribadisce che il diritto d’asilo “riguarda sempre la persona e la sua situazione particolare”.

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