Ieri, nella parte finale del consueto Angelus domenicale in piazza San Pietro, Papa Leone XIV ha in pratica fatto il resoconto del suo primo viaggio apostolico in Turchia e in Libano, compiuto nei giorni precedenti. Il Pontefice ha per questo ripercorso incontri, momenti di preghiera e testimonianze raccolte sul posto e alla fine di tutto questo ha mandato un messaggio in particolare da cui ripartire: “La pace è possibile”. Un concetto, questo, ripetuto più volte, collegando la frase alle realtà che ha visitato e ai gesti che ha visto compiere da comunità cristiane e non cristiane. “Da pochi giorni sono rientrato dal mio primo viaggio apostolico, in Turchiae in Libano”, le parole del Santo Padre. Il primo riferimento è stato alla preghiera comune di Iznik, l’antica Nicea, insieme al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e ai rappresentanti di altre confessioni cristiane: “Ci siamo incontrati per pregare insieme”, ha spiegato, ricordando i 1700 anni dal primo Concilio ecumenico e i 60 anni dalla Dichiarazione comune che nel 1965 mise fine alle reciproche scomuniche tra le Chiese di Roma e di Costantinopoli: “Rinnoviamo l’impegno verso la piena unità visibile di tutti i cristiani”,
Il Papa è poi passato alla Turchia: “Qui ho avuto la gioia di incontrare la comunità cattolica”. Ha descritto una realtà impegnata nel dialogo e nel supporto a persone che vivono situazioni di difficoltà: “Attraverso il dialogo e il servizio a chi soffre, essa testimonia il Vangelo dell’amore”. Il Vescovo di Roma ha quindi sottolineato il ruolo delle comunità locali nel mantenere relazioni costanti con gruppi religiosi presenti sul territorio, aggiungendo di avere raccolto testimonianze che mostrano la continuità di questo lavoro nonostante la condizione minoritaria dei cattolici nel Paese.
“Libano un mosaico di convivenza”
La seconda parte ha riguardato il Libano “che continua a essere un mosaico di convivenza”, ha aggiunto, indicando che nel Paese convivono realtà differenti che, nonostante tensioni e difficoltà economiche, mantengono spazi di cooperazione: “Mi ha confortato ascoltare tante testimonianze”. Ha elencato alcuni incontri avuti durante il viaggio: persone impegnate nell’accoglienza degli sfollati, gruppi che visitano detenuti, associazioni che distribuiscono beni di prima necessità alle famiglie prive di risorse. Sua Santità ha ricordato anche la tappa a Beirut con i parenti delle vittime dell’esplosione nel porto: “I libanesi attendevano una parola di consolazione, ma sono stati loro a confortare me con la loro fede e il loro entusiasmo”. Da qui ha preso forma la dichiarazione che il Papa ha deciso di ripetere: “Quanto è avvenuto in Turchia e Libano ci insegna che la pace è possibile e che i cristiani, in dialogo con uomini e donne di altre fedi e culture, possono contribuire a costruirla. Non lo dimentichiamo: la pace è possibile”.
Il Papa ha esteso poi il suo pensiero ai Paesi del Sud e del Sud-Est asiatico colpiti da calamità naturali: “Sono vicino ai popoli duramente provati dai recenti disastri naturali”. Ha aggiunto una preghiera per le vittime e per i soccorritori e invita la comunità internazionale a intervenire: “Esorto la comunità internazionale e tutte le persone di buona volontà a sostenere quelle regioni”.
I saluti
Nel tratto finale dell’Angelus Prevost ha salutato i fedeli e i pellegrini arrivati da diversi Paesi: “Saluto con affetto tutti voi, romani e pellegrini”, ha detto, menzionando gruppi provenienti dal Perù, dalla Polonia e dal Portogallo. A questi ha aggiunto parrocchie, oratori e associazioni italiane, presenti in piazza per la domenica di Avvento. Ha concluso con un augurio: “Auguro a tutti una buona domenica e un buon cammino di Avvento”.



